Abbiamo ascoltato più volte le bellissime frasi che ci hanno rivolto. Ci siamo contati in piazza dopo la tragedia di Mesagne. Ci siamo messi dietro le copertine dei libri o li abbiamo aperti per sfogliarli. Ci siamo ripetuti in coro, ma a voce bassa, per educazione e buon senso le parole incoraggianti di Antonio Gramsci: “Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza”.

Le abbiamo prese sul serio. Siamo scesi in piazza a prenderci i diti medi da onorevoli burloni. Ci siamo organizzati a scuola, anche solo per il “giro di volontari” da mandare al patibolo della cattedra. Ci siamo messi a studiare per l’atavico bisogno di riscatto sociale. Ci siamo guardati e contati sui treni direttissimi altrove, ci siamo trovati in pochi e con le facce stanche in quei vagoni. Ci avete illuso, ci avete promesso tutto e ci avete lasciati davanti alla tv. Ci avete lasciato un mondo del lavoro nel quale dobbiamo elemosinare uno stipendio che farebbe ridere e che forse equivale alla paghetta di parenti poco facoltosi.

Avete invertito il rapporto per cui adesso non siamo una risorsa ma un peso. Non dobbiamo crescere, muoverci, migliorare, diventare consapevoli ma restare fermi, nei ranghi e a testa bassa. Ci avete lasciato ai margini della campagna elettorale. E dire che ci abbiamo creduto. Continuiamo a crederci. Continuiamo a fare quello che è giusto che si faccia. Ci interroghiamo con maturità anche su cosa possa essere bene o male. Discutiamo tra di noi, trovandoci anche più distanti che due tifoserie al derby ma su questioni dai lineamenti molto meno netti. Ci siamo lamentati con e in mille canzoni, è vero.

Siamo stati choosy, bamboccioni, mammoni, svogliati. È possibile che ci siamo stancati. Per dirla con Pasolini, che citò (premonizione?) le ceneri di Gramsci: “Siamo stanchi di diventare giovani seri, o contenti per forza, o criminali, o nevrotici: vogliamo ridere, essere innocenti, aspettare qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare. Non vogliamo essere subito già così sicuri. Non vogliamo essere subito già così senza sogni”.     

Se continuerete a lanciarci punti interrogativi e giudizi affrettati, se sceglierete la via del comodo, se consegnerete questo Paese e il suo futuro per salvarvi ancora una volta, se volete continuare nella rotta verso il baratro, se vi accontentate, se “il meno peggio”, se vorrete ancora l’Italia delle conoscenze e delle relazioni, se vorrete un Paese che “salta la fila”, beh, andrete avanti senza di noi e senza la nostra forza. Nessuna minaccia, beninteso. Solo un bengala lanciato nella notte a illuminare i nostri volti.

“Ogni generazione ha la sua guerra” diceva qualcuno, ma la nostra può essere combattuta ovunque o disertata. Chiediamo quindi a tutti di lanciare un grido che è un cinguettio, che arrivi acuto alle orecchie di molti cittadini dalle idee diverse, e porti il marchio di una parola che da tempo non ho sentito dire: #meritateci. Noi dobbiamo conquistare ogni centimetro, ce lo dobbiamo sudare, ce lo dobbiamo guadagnare. È giunto il momento della consapevolezza. Capire che niente, da parte nostra, è dovuto, che “vogliamo aspettare qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare”. Capire che se ci volete, dovete conquistarci. #meritateci.

Penna Bianca (quasi 23 anni) –ilmegafono.org