Sono ormai più di due anni che Massimo Ciancimino, il figlio del  sindaco-mafioso, collabora con la giustizia italiana (e talvolta un po’ la impelaga) fornendo testimonianze e documenti (non sempre attendibili) importanti per fare chiarezza sui rapporti tra la mafia ed il nostro Stato. Dalla consegna agli inquirenti del famoso “papello” sino all’ingenua ed inaspettata confessione di aver nascosto nel proprio giardino dell’esplosivo, Ciancimino jr ci ha abituati a colpi di scena ed ha inevitabilmente insinuato dei dubbi sulla propria attendibilità. Un vero peccato perché la sua collaborazione, se portata avanti con serietà e con vero senso della giustizia, avrebbe potuto finalmente portare a galla la verità, avrebbe potuto offrire un po’ di conforto ai parenti degli innumerevoli servitori della patria morti nella stagione stragista dei primi anni ′90, ad oggi purtroppo ancora senza giustizia.

Ma Ciancimino jr non se ne cura e continua ad alzare polveroni, a fare confusione, continua la sua storia infinita. Solo dopo il suo arresto, lo scorso 22 aprile, ha deciso di condividere con gli inquirenti l’archivio di “papà Vito”, contenente alcuni documenti-pizzini che, se riconosciuti originali, potrebbero essere molto importanti per le indagini in corso.  Ma sull’argomento sembrerebbe che Massimo Ciancimino non sia disposto a collaborare, sollecitato dagli inquirenti a fare chiarezza su un pizzino del 1993 dal contenuto oscuro, il pentito ne avrebbe infatti fornito un’interpretazione incoerente  con il testo stesso. Non contento ha recentemente deciso di fornire una nuova versione degli eventi che lo avrebbero portato a nascondere l’esplosivo nel giardino della propria abitazione palermitana e, in parte, a disfarsene tramite l’amico Giuseppe Avara che lo avrebbe gettato in un cassonetto.

Se in un primo momento aveva sostenuto che candelotti e detonatori gli erano stati recapiti nel capoluogo siciliano, adesso ha dichiarato che la consegna sarebbe avvenuta nella sua abitazione di Bologna e con un messaggio tutt’altro che equivoco: “Questa volta – gli avrebbe detto il ‘corriere’ – puoi aprire i pacchi, la prossima volta no”. Solo in un secondo momento sarebbe stato lo stesso destinatario, allora collaboratore di giustizia, a trasportare il pericoloso carico da Bologna a Palermo, sicuro che non sarebbe stato sottoposto ad alcun controllo perché custodito nel bagagliaio dell’auto di scorta a lui assegnata. Questa nuova versione resta ancora tutta da verificare, dal momento che i videocitofoni dell’abitazione bolognese non hanno registrato la consegna in esame, ma si tratterebbe di una novità tutt’altro che trascurabile.

Potrebbe infatti comportare il trasferimento dell’inchiesta relativa  dalla procura di Palermo a quella emiliana (per motivi di competenza territoriale) che ha già un fascicolo aperto su Ciancimino jr per le presunte minacce ricevute. Dulcis in fundo sarebbe emerso, a carico dell’indagato, un tesoro di circa 300-500 milioni di euro investiti in imprese rumene. Insomma quando si parla di Ciancimino jr le novità  e gli enigmi abbondano, manca solo di sentire le note di “Never ending story” e di vederlo volare, in groppa al fedele Falkor: solo che Atreiu combatteva per la giustizia, lui invece da che parte sta?

Anna Serrapelle- ilmegafono.org