Un ragazzo innocente, che viveva di lavoro e sacrifici e inseguiva i suoi sogni. Michele Fazio aveva sedici anni quando, per errore, venne assassinato dalla criminalità organizzata, a Bari. In sua memoria, lo scorso 12 luglio, proprio nel capoluogo pugliese, si è tenuta una cerimonia in occasione del ventitreesimo anniversario di quel tragico delitto, avvenuto il 12 luglio del 2001. Un fatto di sangue che scosse profondamente la città. Il ricordo di questo giovane, infatti, è rimasto indelebile nei cuori e nella memoria dei cittadini baresi, soprattutto di chi vive a Bari Vecchia, quartiere noto non solo per la bellezza delle sue tradizioni e della sua cultura, ma anche, purtroppo, per una serie di complessità e difficoltà legate inevitabilmente a una storia di pesante presenza mafiosa.
Secondo molti cittadini, c’è stata una Bari Vecchia prima di quel 12 luglio 2001 e ne è nata una nuova subito dopo l’omicidio: come spesso accade, purtroppo, il destino tragico e ingiusto di un innocente spinge una comunità intera a rialzare la testa. Michele Fazio era un adolescente che, come gli altri, viveva la sua città, il suo quartiere, sognando di costruire un futuro che fosse il più roseo possibile, seppur conscio delle difficoltà che stava vivendo. Figlio di un ferroviere e di una casalinga, per aiutare la famiglia Michele lavorava in un bar di giorno e andava a scuola la sera. Era, a tutti gli effetti, un uomo già fatto, malgrado l’età ancora giovane. Quelli, però, erano anni in cui a Bari Vecchia regnava non solo la criminalità organizzata, ma anche un’omertà dilagante che ne favoriva il potere e l’egemonia sul territorio. Capitava spesso, infatti, che clan di fazioni opposte si scontrassero tra i vicoli del quartiere, proprio a dimostrazione della loro forza e della loro capacità di controllo.
Ed è proprio tra quei vicoli che, il 12 luglio 2001, mentre rientrava a casa per trascorrere la cena con la famiglia, Michele si ritrovò nel bel mezzo di un conflitto a fuoco: quattro killer del clan Capriati, infatti, iniziarono a sparare diversi colpi di pistola destinati ai rivali del clan Strisciuglio. Una sparatoria durante la quale Michele Fazio venne ferito mortalmente. Secondo alcune ricostruzioni, pare che subito dopo il fatto si sia sentito nell’aria un grido raggelante: “Abbiamo ucciso il bravo ragazzo”. Già, un bravo ragazzo il cui destino ha voluto che si trovasse nel posto sbagliato al momento sbagliato. Anche se, in realtà, sarebbe meglio dire che i killer si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato, perché in una società normale, non ci dovrebbe essere spazio per le mafie e per loro piombo.
E forse anche parlare di sorte avversa non è corretto, perché non esistono sfortuna o coincidenze che possano giustificare l’assenza dello Stato in determinati contesti cittadini o la presenza così massiccia e prepotente di un virus sociale così infettivo come la mafia e i suoi affiliati. No, tutto questo non c’entra con la sorte: Michele avrebbe dovuto continuare a vivere, a fare la propria vita come qualsiasi ragazzo onesto di qualsiasi altra città o paese italiano. E invece così non è stato. Così non è potuto essere a causa di una banda di criminali forti di un’incolumità e di una protezione “sociale” ottenute con paura e terrore. Per fortuna, almeno, la vicenda giudiziaria che ne è scaturita, dopo una prima archiviazione nel 2003, ha visto la riapertura del processo nel 2004, con conseguenti sentenze definitive nei confronti degli assassini di Michele. Un briciolo di giustizia, questo, in un mare di lacrime e dolore irreparabile.
Per questo e tanto altro, alla cerimonia dello scorso venerdì avvenuta in largo Amendoni, a Bari Vecchia, hanno partecipato, oltre all’attuale sindaco di Bari, Vito Leccese, e ai genitori di Michele, Lella e Pinuccio, anche i rappresentanti delle autorità civili e militari, nonché di diverse associazioni tra cui Libera. “Oggi sono qui, per la prima volta da sindaco, ed è un’emozione fortissima – ha dichiarato il sindaco – per ricordare l’omicidio di Michele Fazio, una vicenda che ha segnato in maniera indelebile la storia della nostra città. Sono qui per ribadire il nostro impegno a far sì che mai più una famiglia debba piangere la morte di un figlio innocente e che le strade, le piazze e i vicoli della nostra città siano luoghi sicuri, sottratti al controllo criminale”.
“L’omicidio di Michele Fazio, 23 anni fa – ha proseguito il primo cittadino – ha segnato il momento in cui la città si è ribellata a determinate logiche perché Bari, prima di allora, era una città completamente diversa, controllata quasi militarmente dalla criminalità organizzata in alcune zone del proprio territorio”. Oggi, invece, conclude Leccese, “è una Bari diversa, ma è fondamentale che tutte le istituzioni e tutti i cittadini continuino a tenere alta la guardia rispetto all’attività delle organizzazioni criminali”. Tra i programmi della nuova giunta comunale, considerati anche gli scandali che hanno di recente colpito la politica barese, vi è “l’istituzione di una commissione speciale all’interno del Consiglio comunale” che si occupi di antimafia, così che l’ente maturi “le sensibilità e le competenze necessarie a rendersi immune da qualsiasi tentativo di infiltrazione”.
La speranza, come ha anche affermato lo stesso sindaco Leccese, è che mai più, nessuno, debba piangere la morte di un figlio, di un parente o, semplicemente, di un concittadino innocente per mano mafiosa. Perché finché ci saranno casi del genere, a uscire sconfitto è lo Stato in tutte le sue forme, siamo tutti noi. Nessuno escluso. Ma la speranza, come è noto, non basta. Servono, piuttosto, fatti e azioni concrete. Ed esempi.
Giovanni Dato -ilmegafono.org
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