In Calabria il vento sta cambiando. Un cambiamento lento, ma sicuramente concreto e positivo per quel che riguarda la lotta alla criminalità organizzata. Lento, perché una parte della popolazione, sia da un punto di vista culturale che pratico fatica ancora a dire di “No” alla mafia, a combatterla dal basso, con ogni singolo gesto. Ma è un problema che purtroppo riguarda anche altre regioni, da nord a sud. Concreto, perché il seme della giustizia fiorisce sempre e perché a dimostrarlo sono i dati. Nell’ultimo anno, infatti, in Calabria c’è stato un vero e proprio boom di denunce e di richieste d’accesso al fondo per le vittime di violenza mafiosa. Un dato positivo a metà, ma che allo stesso tempo potrebbe rappresentare un punto di partenza non indifferente. Infatti, se da un lato ciò significa che la gente (cittadini, commercianti, pubblici amministratori) ha iniziato a denunciare con sempre più frequenza, dall’altro ciò dimostra tuttavia come le cosche mafiose siano ancora oggi presenti e forti.

Forti anche di un’omertà tuttora dilagante e che permette loro di ricorrere alla forza, alla violenza e alla prepotenza laddove serva. Secondo quanto emerso dal report del commissario straordinario del governo, nel 2023 in Calabria sono state registrate 48 richieste di accesso al fondo (il 7% del totale italiano), superando di gran lunga le 28 registrate nel 2022. Il dato italiano vede invece ben 672 richieste di accesso, il 91% delle quali proviene dalle quattro grandi regioni del Sud (Sicilia, Campania, Puglia e, appunto, Calabria), con il Lazio subito dietro con 49 istanze annuali. La situazione, come dicevamo, è sicuramente positiva per certi aspetti, ma non deve far distogliere l’attenzione da una realtà altrettanto preoccupante.

Proprio per questo motivo, il sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, in occasione della presentazione dell’associazione senza fini di lucro Clm (Contro le mafie), si è rivolto ai propri corregionali esortandoli a stare “dalla parte della Prefettura, delle forze dell’ordine, della magistratura” “Non sono nemici”, ha continuato, e “solo così si può essere orgogliosi di essere calabresi onesti”. La Clm, inoltre, è un’associazione nata da un gruppo di imprenditori edili calabresi riunitosi per dire basta alla mafia e ai soprusi di cui spesso proprio gli stessi imprenditori sono vittime. Come confermato dal presidente Luigi Raso Catrambona, lo scopo dell’associazione è di “dare la possibilità ai nostri figli di crescere in una società basata su legalità e onestà”, oltre a quello di combattere “sistemi di potere basati su silenzi, intimidazioni e corruzioni” e quindi fare in modo di portare i calabresi a denunciare ogni tipo di malaffare e attività criminale.

“Per essere credibili bisogna non nascondersi, ma dire le cose come stanno”, ha ribadito Ceraso. “Cosa serve avere una bella villa, se intorno c’è fetore?”, ha poi rincarato la dose riferendosi alle attività di corruzione da parte di una mafia che magari uccide di meno, ma che in alternativa si presenta con mazzette e promesse di ricchezza. Che sia questo moto di ribellione l’inizio di una risalita verso una Calabria più sana, pulita e, soprattutto, libera dal malaffare? La strada è lunghissima e a oggi tutto questo sembra ancora pura utopia, ma è bene che qualcosa inizi a muoversi, che i calabresi abbiano deciso di alzare la testa e dire di “No”. Non sarà la maggior parte e, probabilmente, saranno in numero ancora irrisorio, ma ogni rivoluzione è nata dal basso ed è nata dalle minoranze e dal coraggio di opporsi. La speranza è che questa sia la volta buona per la Calabria di liberarsi dalle catene mafiose, di scrivere un’altra storia e far sbocciare la tanta bellezza che alberga nei suoi territori e nella sua ampia parte di gente onesta.

Giovanni Dato -ilmegafono.org