Un anno segnato da caldo record, siccità, calamità naturali, si conclude con la Cop28, il vertice globale sul cambiamento climatico che si tiene a Dubai. Nel corso delle edizioni sono stati fissati diversi obiettivi da parte dei Paesi partecipanti, tutti legati alla riduzione delle emissioni nocive per l’ambiente. Obiettivi che negli anni non sono sempre stati rispettati, tanto da ritrovarci oggi un pianeta che possiamo definire allo sbando, con un aumento della temperatura pari a 2,5-2,9 gradi nell’ultimo secolo, livelli riconducibili all’era preindustriale. Molti Paesi, tuttavia, soprattutto le economie dette un tempo “emergenti”, non sono disposti a rinunciare alle fonti da combustibili fossili quali carbone, petrolio e gas, nonostante le sollecitazioni di Unione Europea e Stati Uniti. Tra i paesi refrattari vi sono anche gli Emirati Arabi che, paradossalmente, ospitano la conferenza. Questi propongono soluzioni alternative all’eliminazione totale dei combustibili fossili, come immagazzinare nel sottosuolo le emissioni, un metodo che appare più che altro come una scusa per non modificare il proprio comportamento in termini ambientali.
Tra gli osservati speciali c’è ovviamente anche la Cina, dalla quale proviene gran parte delle emissioni globali. Gli Stati Uniti, dal canto loro, mentre incoraggiano altri paesi al cambiamento, si mostrano tristemente attivi nel peggiore dei cambiamenti auspicabili, quello climatico: se da un lato gli USA cercano di incrementare la mobilità sostenibile, dall’altro si oppongono all’elargizione di fondi ONU per il clima. Ma c’è di più. Il presidente Biden non partecipa nemmeno alla conferenza. Un controsenso.
Posizioni più nette, almeno apparentemente, quelle dell’Unione Europea, che spinge l’acceleratore sulla capacità delle energie rinnovabili e sull’eliminazione di combustibili, mettendo il freno sulle tecnologie per ‘catturare’ i gas serra. Il Brasile ha come principale interesse i “carbon credit”, lo strumento per monetizzare al massimo sulla foresta Amazzonica, mentre i paesi dell’Africa sub-sahariana si pongono su due schieramenti diversi: chi vuole incoraggiare le rinnovabili e chi, forte dei suoi giacimenti, vuole sfruttarli al massimo.
Per la prima volta, inoltre, la Santa Sede prenderà parte ai negoziati e non farà soltanto da spettatore, anche se Papa Francesco ha dovuto annullare la partenza a causa delle sue precarie condizioni di salute. Altro grande assente, ingiustificato peraltro, il leader cinese Xi Jin Ping, sebbene la sua Cina richieda attenzioni speciali dall’interno e si trovi sotto gli occhi del mondo.
Virago -ilmegafono.org
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