Una sentenza epocale, che segna forse un importante cambio di prospettiva in Europa. In Germania, infatti, per la prima volta, è stata emessa una sentenza in cui vengono riconosciuti la presenza e il coinvolgimento di un clan affiliato alla ‘ndrangheta. La sentenza è del tribunale di Costanza e passerà sicuramente alla storia. Per anni, infatti, diversi esponenti della magistratura e della giustizia italiana (tra i quali Nicola Gratteri) hanno insistito sull’urgenza e la necessità di avere leggi e regole uniformi e simili tra Paesi dell’Unione Europea nella lotta alla criminalità organizzata. Allo stesso tempo, in passato, anche alcuni eurodeputati, nello specifico Rita Borsellino, Rosario Crocetta e Sonia Alfano, cercarono di far riconoscere all’Unione Europea che le mafie non fossero un fenomeno terroristico geograficamente collocabile, ma un sistema criminale radicato in tutti i Paesi membri, facendo approvare l’istituzione di una commissione europea antimafia.
Nonostante questi tentativi, però, l’Europa ha di fatto continuato a non occuparsi concretamente di mafia e le legislazioni dei singoli Stati hanno continuato a ignorare la questione mafia, un po’ per una questione culturale, un po’ forse anche per una scarsa conoscenza di un tema così complesso. Su queste pagine, nel corso degli anni, abbiamo più volte parlato delle problematiche che l’assenza di una visione e di una normativa comune e di una presa di coscienza europea nel contrasto alla mafia, potesse causare. Con questa sentenza tedesca, però, qualcosa potrebbe iniziare a cambiare. Le ragioni potrebbero essere due: da un lato, un tardivo ma importante e necessario risveglio delle autorità competenti; dall’altro, purtroppo, un aumentato radicamento mafioso che oggi è diventato impossibile da ignorare.
Ma cosa è accaduto nel dettaglio? La scorsa settimana, come accennato, il Tribunale di Costanza ha giudicato l’imputato Salvatore Giorgi colpevole di traffico di droga e di favoreggiamento a una organizzazione criminale straniera. L’uomo, che faceva il cameriere in un ristorante presso la cittadina di Ueberlingen, era stato arrestato già nel 2021 nel corso di una indagine svolta in collaborazione tra Italia e Germania, Secondo l’accusa, Giorgi avrebbe in realtà svolto un ruolo importante al servizio della famiglia dei “Bovinciani”, un clan della ‘ndrangheta di San Luca, sospettato di aver importato cocaina dall’America meridionale in Italia attraverso i Paesi Bassi, il Belgio e il porto di Amburgo. La condanna, inizialmente prevista a 3 anni e 6 mesi, è stata successivamente ridotta a poco più di 2 anni: ciò, comunque, non esclude affatto la colpevolezza e il ruolo fondamentale ricoperto dal Giorgi nella collaborazione con una organizzazione mafiosa.
Al di là del percorso processuale, resta il fatto che, a distanza di quasi 16 anni dalla terribile strage di Duisburg, finalmente la Germania riconosce, con una sentenza ufficiale, la presenza della criminalità organizzata italiana nel proprio territorio. Sebbene ciò fosse già dato per assodato da diverse altre indagini svolte nel nostro Paese, con questa sentenza viene segnato un vero e proprio punto di svolta. Certo, i problemi e le difficoltà rimangono. Innanzitutto, in Germania vi sono pene più dure per il traffico di droga che per l’associazione a delinquere e l’appartenenza a una organizzazione criminale. Se per la prima, infatti, si rischiano fino a 15 anni di carcere, per la seconda si scende a 5 (mentre per il favoreggiamento addirittura si arriva a 3).
Risulta evidente, quindi, come ci sia ancora tanta strada da fare in tal senso. Quel che è importante, però, è che un tribunale tedesco abbia voluto menzionare la ‘ndrangheta e, quindi, certificare la presenza di una organizzazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta. Ciò, ai fini della stessa indagine, non avrebbe apportato granché, data, per l’appunto, la differenza di pena che c’è tra i reati contestati. Ma con la presenza di quel nome, di quella dicitura, ‘ndrangheta, i magistrati tedeschi hanno voluto dare un segnale preciso. Un segnale importantissimo, un precedente che potrebbe ispirare anche le magistrature di altre nazioni europee e che potrebbe finalmente far comprendere che la lotta alla mafia ha bisogno di una azione congiunta, internazionale, per la quale serve però anche un adeguamento normativo, una uniformità giuridica. Sia chiaro, la sentenza non significa che la mafia non farà più affari in Germania né che questa abbandoni il Paese tutto d’un tratto, però potrebbe segnare una svolta anche culturale, affinché le mafie non vengano più considerate un problema esclusivamente italiano.
Giovanni Dato -ilmegafono.org
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