Nessuno vuole fare il sindaco a Lona-Lases. È questo il triste destino di un piccolo paese di soli 900 abitanti, abbarbicato tra le montagne e spesso stracolmo di neve. Quel che a tutti gli effetti sembra un luogo di pace e serenità, lontano dal caos e dallo stress delle città, in realtà nasconde qualcosa di ben più problematico. Qualcosa di “perfido”, proprio come il nome di un processo in corso in questi mesi e che ha portato già ad alcune sentenze importanti. Ma facciamo un passo indietro. Dal 14 giugno 2021, a Lona-Lases non c’è più un sindaco. A governare il Comune, infatti, ci sta pensando il commissario straordinario Federico Secchi, già ex sindaco di un altro comune (Avio). In realtà, proprio il 29 maggio di quest’anno avrebbero dovuto tenersi le nuove elezioni, ma circa due settimane fa è avvenuto qualcosa che ha dell’assurdo: non si è presentato nessuno.
Così le liste per le elezioni comunali sono rimaste vuote fino all’ultimo giorno disponibile, sentenziando un rinvio a quel punto inevitabile. Il risultato? Niente elezioni. Niente sindaco. Ma perché a Lona-Lases nessuno vuole svolgere un impiego così importante e apparentemente semplice, considerate le dimensioni del posto? Ci sono due motivazioni ben precise. La prima la mancanza di personale, un problema strutturale, quindi, che impedisce lo svolgersi di una funzione comunque importante come è quella di governare un paese. La seconda (ed è la motivazione principale) riguarda il fatto che nessuno vuole essere il sindaco di un comune oggetto di infiltrazioni mafiose.
Proprio così: a Lona-Lases esisterebbe una locale di ‘ndrangheta in grado di gestire tutto ciò che fattura e che produce ricchezza. In pieno stile criminale, appunto. Certo, di situazioni del genere in Calabria ne abbiamo viste tante, anche se si tratta di piccoli paesini sperduti nel nulla. Il problema è che qui non siamo in Calabria, ma in Trentino Alto Adige. Lona-Lases, infatti, è in provincia di Trento. Spesso siamo portati a pensare che certe regioni d’Italia siano immuni dal potere mafioso e che lì non esistano infiltrazioni come possono esserci in Lombardia, nel Lazio e nel Sud. Purtroppo la realtà è diversa e colpisce anche quelle parti d’Italia tradizionalmente ritenute tranquille e sane, proprio come il Trentino.
In realtà, già da tempo, diverse amministrazioni comunali hanno richiesto che venga istituita una commissione antimafia di tipo ministeriale, così da valutare in maniera compiuta il grado di infiltrazione mafiosa. Ma quel che sconvolge ulteriormente è che Lona-Lases non è un caso a sé, né si tratta di qualcosa di sporadico. La ‘ndrangheta nel Trentino c’è e fa affari consistenti. Dapprima si è infiltrata nelle cave e nell’estrazione del porfido; parallelamente, ha deciso di spostarsi nel fotovoltaico e, ovviamente, nell’imprenditoria e nella politica locale. Insomma, siamo di fronte al classico dei modus-operandi di stampo mafioso, dove praticamente ogni contesto economico è oggetto di infiltrazioni e di un potere spesso travolgente.
A tal proposito, il presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Nicola Morra, in visita nei giorni scorsi proprio in Trentino, ha ammesso che “sul territorio trentino non si è registrata una presa di posizione netta e ciò non per una sorta di compiacenza nei confronti di questa consorteria, bensì è sembrato come se si volesse trascurare il fenomeno, quasi vergognandosi che fatti simili possano essere accaduti proprio qui”. “Oggi – ha continuato Morra – l’approccio di questo cancro è di tipo imprenditoriale anziché militare e di controllo del territorio attraverso la forza e la violenza. La mafia, ormai, diversifica gli investimenti e fa business, appoggiandosi, però, a compiacenti professionisti del posto, elemento ulteriore che aiuta a mimetizzare il fenomeno ai cittadini”.
Prendendo spunto proprio dal processo “Perfido” (per cui è stato necessario l’impiego di alcuni periti che traducessero le intercettazioni in calabrese), Morra ha colto l’occasione per inviare un vero e proprio un monito alla popolazione trentina, nella speranza che la presenza stessa della mafia “non venga più negata”. La mafia in Trentino c’è ed è pure molto attiva. E il processo ha dato il là alla prima condanna per associazione mafiosa nella regione: si tratta di Saverio Arfuso, esponente di vertice del clan di Cardeto (RC), condannato a 10 anni e 10 mesi e al risarcimento di una somma pari a mezzo milione di euro. L’indagine non è ancora terminata ed è probabile che qualcos’altro salti fuori molto presto. Non solo: il rischio è che questo vaso di Pandora, così saldamente tenuto chiuso negli ultimi anni, venga aperto per sempre e faccia emergere quanto marcio e quanta corruzione ci siano in giro. Persino nel tranquillo Trentino Alto Adige.
Giovanni Dato -ilmegafono.org
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