Cos’hanno in comune gli scintillanti anni ‘60 e il disastroso decennio ‘10-‘20 del 2000? La civiltà, l’economia e le dinamiche sociali sono cambiate drasticamente. Eppure le fenomenologie del mercato dell’arte contemporanea sembrano quasi immutate. Andy Warhol e Banksy, oltre ad essere due grandi artisti dei loro tempi, sono accomunati da una spiccata capacità comunicativa e di marketing delle loro opere. Anche se possiamo paragonarli con i termini cinematografici di “eroe” e “anti-eroe”, sono a tutti gli effetti le due facce della società capitalista. Warhol, infatti, è l’emblema del consumismo: “padre” della pop-art, con un passato da grafico pubblicitario, grazie alla serigrafia e la possibilità della produzione in serie, ha trasformato totalmente il concetto di opera d’arte, allontanandola dal valore dell’unicità e portandola al pari dell’oggetto di consumo.
Anzi, proprio gli oggetti di consumo, all’epoca un’entusiasmante novità, sono stati tra i soggetti delle sue opere. Chiunque conosce le sue lattine “Campbell’s Tomato Soup”, i fusti “Brillo” e le iconiche bottigliette “Coca-Cola” dai colori sgargianti, saturi di euforia per il progresso tecnologico e il boom-economico. Grafico, artista, fotografo, regista, collezionista e mentore per nomi noti del mondo della street-art come Keith Haring e Jean Michael Basquiat, è stato anche attore e uno dei volti più fotografati della sua epoca. Tutti hanno impresso nella mente l’emblematico ciuffo bianco che contorna i nerissimi occhiali da sole.
E Banksy? Totalmente l’opposto. Il re dell’anonimato nella società della performance, non ha mai mostrato pubblicamente (e spesso anche privatamente) il suo volto. Non si conosce il suo vero nome, non si sa dove vive, quando o come si sposta. Però tutti conoscono Banksy. Si sa che è stato in un posto solo grazie alle sue opere che appaiono, nel giro di una notte, sui muri più visibili delle città. I suoi personaggi, realizzati con la tecnica della stencil-art, portano sempre messaggi politici, di critica alla società, che rispecchiano perfettamente il suo impegno e il suo attivismo. Dagli “oggetti di consumo” alle “vite consumate”, dai “volti delle star di Hollywood” a quelli “dei dittatori e dei carnefici del mondo”, a modo loro questi due artisti sono lo specchio l’uno dell’entusiasmo iniziale del progresso e l’altro della drammatica condizione attuale che questo progresso, dopo mezzo secolo, ha portato.
Anche le loro più significative citazioni riecheggiano questa loro dualità: “Nel futuro ognuno sarà famoso per 15 minuti”, diceva il visionario Warhol, quasi a predire la condizione odierna in cui, grazie a internet e ai social media, ognuno di noi può essere un prodotto per un potenziale pubblico di quasi 8 miliardi di persone. Ma in questa asfissiante corsa alla notorietà dell’attuale società, Banksy risponde che “ognuno nella vita avrà 15 minuti di anonimato”, quasi come un augurio alla disintossicazione dalla fama.
Se volete capire meglio questi due irriverenti artisti, li troverete a confronto nella mostra “Banksy – Andy Warhol”, che ha inaugurato lo scorso 20 novembre a Palazzo della Cultura di Catania e che resterà aperta fino al 2 Giugno 2022, curata da Sabina de Gregori e Giuseppe Stagnitta e promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Catania.
Sarah Campisi -ilmegafono.org
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