Quando si afferma che la pandemia da Covid-19 è stata decisa a tavolino (senza mai portare uno stralcio di prova) o, addirittura, che si tratta di un’invenzione, di una fantasia, ci si trova di fronte ad un colossale inganno. Torna in mente ciò che scriveva Niccolò Machiavelli: “Sono tanto semplici gli uomini, e tanto ubbidiscono alle necessità presenti, che colui che inganna troverà sempre chi si lascerà ingannare”. È quello che accade con il variegato popolo dei no-vax e no-green pass, dove insieme a gente semplice, preoccupata o impossibilitata a vaccinarsi, si trovano gli ingannatori: fascisti, simpatizzanti del nazionalsocialismo, lunatici, anarcoidi, arruffapopoli, confusi e cittadini che sono così disonesti e doppi da mischiare il lasciapassare verde con la stella imposta agli ebrei durante la Seconda guerra mondiale. Si invoca la libertà e si è aperto un acceso dibattito tra coloro che parlano di ingerenza autoritaria dello Stato, come stigmatizzato dall’espressione “dittatura sanitaria”, e quanti hanno accettato le limitazioni alla libertà individuale al fine di tutelare la salute collettiva.
Il diritto alla salute è previsto sia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, sia dalla nostra Costituzione che, non solo lo prevede, ma lo considera uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano. L’art. 32 della nostra Carta Costituzionale, nello specifico, tutela la salute non solo come diritto del singolo, ma anche come interesse della collettività. Questo principio significa che la libertà individuale è sacra e va difesa e tutelata in qualsiasi modo, ma limitata se lede gli altri. Anche contro la volontà di chi si oppone a questa limitazione.
John Stuart Mill, uno dei massimi e riconosciuti teorici del liberalismo, affermava nel suo Saggio sulla libertà: “Il fatto di vivere in società rende indispensabile che ciascuno sia obbligato a osservare una certa linea di condotta nei confronti degli altri. Questa condotta consiste, in primo luogo, nel non danneggiare gli interessi reciproci, o meglio certi interessi che, per esplicita disposizione di legge o per tacito accordo, dovrebbero essere considerati diritti; e, secondo, nel sostenere la propria parte (da determinarsi in base a principi equi) di fatiche e sacrifici necessari per difendere la società e i suoi membri da danni e molestie”. In sintesi, Mill, non solo manifesta la necessità di rispettare gli interessi collettivi su quelli individuali, ma afferma in modo netto che i singoli devono, con fatica e sacrificio, difendere la società.
Questo confondere le idee, da parte di certi gruppi contestatori, si unisce ad una tendenza anti-scienza che è stata denunciata il 22 novembre 2021 dal premio Nobel Giorgio Parisi, nel corso della lectio magistralis, tenuta durante l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Roma La Sapienza, alla presenza del Capo dello Stato, Mattarella. “Ci sono – afferma Parisi – forti tendenze antiscientifiche nella società attuale. Il prestigio della scienza e la fiducia in essa stanno diminuendo velocemente. Insieme ad un vorace consumismo tecnologico si diffondono largamente le pratiche astrologiche, omeopatiche e antiscientifiche e sta per essere riconosciuta da una legge dello Stato italiano una pratica francamente stregonesca come l’agricoltura biodinamica”.
L’agricoltura biodinamica è un insieme di pratiche pseudoscientifiche basate sulla visione spirituale antroposofica del mondo elaborata dal teosofo ed esoterista Rudolf Steiner, da attuarsi durante la produzione agricola, in particolare di prodotti alimentari. Il termine “agricoltura biodinamica” è divenuto un marchio commerciale detenuto dalla Demeter International. Tra i responsabili, secondo il premio Nobel, ci sono “quei cattivi divulgatori che presentano i risultati della scienza quasi come una superiore stregoneria le cui motivazioni sono comprensibili solo agli iniziati. Per affermare la scienza come cultura – continua – bisogna rendere consapevole di cosa è la scienza”. Occorrono, secondo Parisi, una promozione della cultura basata sui fatti e una comunicazione adeguata. Considerazioni su cui dovremmo essere tutti d’accordo.
Del resto, seguendo le indicazioni di Ippocrate, ossia colui il quale viene considerato il padre della Medicina, e non certo un ciarlatano dei nostri tempi, “esistono due cose: scienza ed opinione; la prima genera conoscenza, la seconda ignoranza”. Coloro che protestano per le loro libertà violate, dovrebbe leggere un testo del 1947, un celebre romanzo di Albert Camus, intitolato “La Peste”. L’Autore – premio Nobel nel 1957 – ci racconta una peste immaginaria, per voce del protagonista Bernard Rieux, un medico francese alle prese, nella città algerina di Orano, con il flagello di un male che si propaga e che viene descritto come metafora esistenziale e universale, e che viene contrastato tra lo scetticismo, le meschinità, l’incredulità di chi vuole negare la realtà dei morti e del dolore.
«Bisogna sorvegliarsi senza tregua per non essere spinti, in un minuto di distrazione, a respirare sulla faccia di un altro e a trasmettergli il contagio. Il microbo, è cosa naturale. Il resto, la salute, l’integrità, la purezza, se lei vuole, sono un effetto della volontà e d’una volontà che non si deve mai fermare. L’uomo onesto, colui che non infetta quasi nessuno, è colui che ha distrazioni il meno possibile (…) Tutti appaiono stanchi: tutti, oggi, si trovano un po’ appestati. Ma per questo alcuni che vogliono finire di esserlo, conoscono un culmine di stanchezza, di cui niente li libererà, se non la morte».
Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org
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