“Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra”, cantava Giorgio Gaber in una mitica canzone (Destra-Sinistra) piena di genialità. Un brano pubblicato nel 1994, proprio negli anni immediatamente successivi a Tangentopoli, gli anni dello sfaldamento dei partiti tradizionali e della nascita del berlusconismo. Quasi trent’anni dopo sembra passata una eternità, con la politica che ha smarrito i suoi confini tradizionali, entrando pienamente nell’era della comunicazione social e modificando completamente il proprio linguaggio, i costumi, le forme, i comportamenti. Del cambiamento della sinistra, delle divisioni, dell’abbandono di certi valori, mediati con la ricerca spasmodica di un consenso tra i moderati di quel centro rimasto orfano di reale rappresentanza, si è scritto e detto tanto. Della destra, per anni monopolizzata da Berlusconi e dai suoi spregiudicati colpi di teatro, con le cicliche schermaglie con alleati a lungo incapaci di metterlo in un angolo, si è detto e scritto altrettanto.
Ma oggi, con l’avvento di un sovranismo che in realtà, per dirla con Giulio Cavalli, non è sovranismo ma egoismo, la destra è l’area politica che meriterebbe di essere studiata con una insistente attenzione. Non solo politicamente, ma anche antropologicamente. Oggi, i leader più forti dello schieramento di destra sono Giorgia Meloni e Matteo Salvini, con Berlusconi, ormai malconcio e molto anziano, che prova a mantenere qualche spazio. La moderazione conservatrice che, anche se talvolta solo in superficie, costituiva la linea politica di alcune forze del passato, è ormai stata polverizzata dalla politica aggressiva delle due forze maggioritarie di centrodestra (con il centro che è pressoché scomparso): Lega e Fratelli d’Italia. I due rispettivi leader hanno preferito la violenza degli slogan alla forza delle idee.
Il mondo che si riconosceva a destra, che un tempo aveva una sua visione, condivisibile o meno, ma in ogni caso politica e perfino culturale, oggi non esiste più. La cultura è svanita, annegata dentro slogan vuoti, gaffe continue, programmi elettorali e politici che somigliano più a spot pubblicitari dove si promette tutto quello che l’elettore/consumatore può desiderare, non con la mente o con i sogni, ma con la pancia e gli sfinteri. Salvini e Meloni giocano da anni una partita pericolosa, nella quale l’odio e la cattiveria vengono elevati a valori, modellati, impastati e serviti a una cittadinanza imbarbarita, spesso drogata dalla propaganda bestiale e incessante di staff preconfezionati e pagati profumatamente. Non esiste un’idea di Paese, non esiste il bene collettivo nel vocabolario dei due nuovi esponenti della destra italiana. C’è solo una spasmodica smania di raggranellare consensi, costi quel che costi, in barba al buonsenso, all’etica, al rispetto di valori universali che la nostra Costituzione garantisce.
Tutto viene usato e consumato per il proprio scopo personale e infimamente politico. Dai diritti umani ai diritti civili, dalla libertà di fede a quella di vivere la propria forma di amore, tutto viene sfruttato, sporcato, deriso, mescolato nella grande macchina della propaganda e dell’odio. Tutto viene comunicato, a ogni ora, in ogni momento, senza alcun senso di responsabilità politica, senza alcuna misura. Senza contenuti reali. Se infatti si chiede a qualcuno quale sia la linea economica di Lega e Fratelli d’Italia, difficilmente riuscirà a rispondere. Se si chiede alla stessa persona cosa pensano Lega e Fratelli d’Italia dei migranti o degli omosessuali, con le risposte si potrebbe invece scrivere un poema, seppure di pessimo livello. La destra italiana oggi è questa, è quella dei mojito in spiaggia, quella che sbeffeggia il dolore, quella che ribalta i valori, trasformando in negativo o cattivo ciò che un tempo era universalmente buono, come la solidarietà, inneggiando persino a bombardare le navi che quella solidarietà la esercitano davvero.
Se oggi Matteo Salvini, per sua inettitudine, perde consensi e appare sempre più come una triste macchietta di se stesso, Giorgia Meloni, invece, un po’ nascondendosi dietro di lui, un po’ giocando con più furbizia la sua partita mediatica, cresce nei consensi, attirando coloro che si sono allontanati dalla Lega e non solo. Entrambi, però, continuano ad ammiccare a tutto quello che è il panorama più retrogrado della società italiana. Non solo quello nostalgico fascista o quello di chi rivendica il proprio razzismo, ma anche quello costituito da antiabortisti, integralisti cattolici, movimenti per la famiglia, negazionisti di ogni sorta. Un enorme pentolone che ribolle sul fuoco e che i due leader pensano di saper contenere, continuando a mescolare e aggiungere sale, odio e crudeltà, convinti che l’acqua possa restare sempre nei margini e non traboccare mai.
Due leader contraddittori che continuano a presentarsi come nuovi nonostante facciano politica da quasi 30 anni e abbiano già governato, da ministri, con risultati pessimi e incapacità evidenti. A dimostrazione della pochezza di questo scenario, si aggiunge la recente decisione di Fratelli d’Italia di inserire come capolista alle elezioni per il Consiglio Comunale di Milano, Vittorio Feltri, giornalista omofobo, razzista, misogino, che ha dichiarato di avere come primo punto del suo programma di futuro potenziale consigliere, quello di battersi per l’eliminazione delle piste ciclabili di Milano. Insomma, Feltri è soltanto l’ultimo triste volto di un partito, Fratelli d’Italia, che in ogni territorio offre personaggi discutibili e, spesso, anche discussi, come dimostrato da diverse inchieste che hanno coinvolto esponenti di Fdi e sulle quali ovviamente Giorgia Meloni ha quasi sempre glissato.
Questo è il triste volto della destra politica italiana, quella che, in piena pandemia, se ne infischiava della sicurezza e della prevenzione. Quella che al ragionamento preferisce sempre la cattiveria, il fango, le bugie e l’odio. Non solo nei confronti dell’avversario ma di chiunque dissenta o sia in qualche modo troppo fuori dai loro schemi politici e culturali (?). Un odio che spesso è diventato messa alla gogna mediatica o social di “oppositori”. Insomma, la vicinanza a leader come Orban non è puramente casuale.
Il problema è che questa destra sgangherata, vuota, egoica, lontanissima dalla visione storica di una moderata destra europea, aspira a governare un Paese, l’Italia, già diviso e in profonda crisi. Un pericolo che potrà essere scongiurato solo se la destra moderata ancora esistente dentro i nostri confini nazionali, non si accoderà a questo circo pseudosovranista, e soprattutto se al contempo la sinistra italiana smetterà di andare al risparmio sui valori, sulle idee, sul coraggio e sulle scelte dei propri rappresentanti. Perché non si può pensare di vincere e di cambiare il Paese con la logica del meno peggio, con la fortunosa circostanza di essere scelti solo perché dall’altra parte c’è Belfagor, per poi peraltro finire, molto spesso, per riproporre identici concetti e comportamenti. La destra attuale ci spinge verso il fondo. Forse è il momento di risalire, prima di toccarlo. Ancora una volta.
Massimiliano Perna -ilmegafono.org
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