La modifica delle leggi Salvini, quelle nate dai famigerati decreti sicurezza, è di sicuro un passo avanti, una toppa necessaria sullo squarcio di una delle più grandi vergogne delle recenti politiche in materia di immigrazione. Ma non è tutto oro quel che si vuole spacciare per oro. Innanzitutto va precisato che parliamo di modifica e non di cancellazione perché, seppur intervenendo in maniera positiva su molte parti, ripristinando concetti e misure all’insegna di umanità, integrazione e diritti, rimangono vive alcune logiche del precedente impianto normativo. La lunga mediazione tra le forze di maggioranza, facilitata dalla debacle elettorale dei 5 Stelle (che quei decreti li avevano sempre sostenuti e difesi, oltre che prodotti, ai tempi del governo con la Lega), ha portato a intervenire su una situazione di negazione del diritto che in tanti chiedevano di sanare. Le leggi vergogna però non sono state abrogate, ripetiamolo, ma modificate, lasciando in piedi molte perplessità.
Come già si evinceva dalle bozze delle settimane scorse, va detto che tali modifiche sono state di certo maggiori e più incisive di quante ne erano state previste e promesse qualche mese fa, quando si pensava che esse potessero riguardare esclusivamente i punti sollevati dal Quirinale al momento della promulgazione. Primo fra tutti, la multa alle ong in caso di violazione del divieto di accesso in acque territoriali, che ora passa dalla spropositata sanzione amministrativa da un milione di euro alla sanzione ridotta che va da 10 a 50 mila euro, ma che rientra nell’ambito penale. Una scelta che si collega alle variazioni sulle regole riguardanti il soccorso in mare. E qui nascono le prime perplessità sul nuovo provvedimento, che purtroppo non spezza la continuità con l’impianto precedente e le sue storture.
Per due ragioni: innanzitutto si continua a prevedere, in qualche misura, una punibilità per la condotta di chi salva delle vite in mare. Vero è che viene ribadito il primato della Costituzione e delle leggi internazionali che impongono il soccorso e che le multe si applicherebbero solo al termine dell’eventuale processo. Così come è vero che le disposizioni contro le ong non si applicano se queste ultime comunicano le operazioni di salvataggio al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e allo Stato di bandiera della nave e se hanno effettuato tali operazioni secondo le indicazioni dell’autorità competente. Ma il punto oscuro è proprio questo. Chi è il centro di soccorso competente? Che indicazioni darà? Fino a quando alla Libia e alla sua guardia costiera verranno riconosciute l’autorità e la competenza in materia di ricerca e soccorso, le ong e le loro operazioni di salvataggio si troveranno davanti a un muro.
Nessuna ong, infatti, potrà mai obbedire all’autorità farlocca dei guardia coste libici, in combutta con i trafficanti e con i rappresentanti di uno Stato non sovrano che non rispetta i diritti umani e che tortura e uccide i migranti nei centri-lager. Come si conciliano allora le belle parole, introdotte nelle modifiche ai decreti Salvini, con la realtà di un Paese che mantiene ancora in essere gli accordi e i rapporti economici con la Libia e i suoi aguzzini? Inoltre, sarebbe bello sapere in che modo la previsione del divieto di espulsione e respingimento verso Paesi non sicuri, nei quali i migranti subiscono torture e altre aberrazioni si possa conciliare con l’affidamento riconosciuto ai libici delle operazioni di ricerca e soccorso? Una contraddizione pesante che mostra come, al di là dei miglioramenti apportati e del passo avanti rispetto al recente passato, nulla potrà realmente cambiare senza una contestuale azione, concreta e non ipotetica, di rimozione degli accordi con la Libia e di pressione sull’Europa e sugli organismi internazionali in materia di corridoi umanitari legali e di lotta al traffico di esseri umani e a quei paesi canaglia che ne curano la regia. Nodi da sciogliere, dunque, e anche molto rilevanti.
Riguardo alle novità positive, invece, si segnalano: il ritorno della protezione umanitaria e del sistema di accoglienza e integrazione basato sull’accoglienza diffusa che garantisca l’avvio di percorsi di informazione, formazione, istruzione, apprendimento della lingua e avviamento al lavoro; la previsione di nuovi casi di protezione speciale; l’estensione dei tipi di permesso di soggiorno convertibili in permesso di lavoro, che garantirebbe ai migranti la possibilità di passare da una situazione precaria e temporanea a una più stabile; l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo con carta di identità valida per tre anni; la riduzione del limite di tempo entro cui un migrante può essere trattenuto in un centro (da 180 giorni si passa a 90, con la possibilità di prorogare fino a 120 per migranti di Paesi con i quali sussistono accordi per il rimpatrio).
Modifiche sicuramente importanti, come quella che introduce le misure contro la vendita di droga nel dark web, quella che punisce chi favorisce il passaggio di informazioni per e da detenuti al 41bis, o quella che prevede il DASPO dai luoghi della movida e dell’intrattenimento per chi è stato arrestato per droga, oltre all’inasprimento delle pene per chi ha partecipato a risse nelle quali qualcuno è morto o ha subito lesioni personali. Insomma, la valutazione è in parte positiva, perché elimina alcune delle atrocità, anche di linguaggio, che i precedenti decreti avevano posto in essere, ma guai ad andare dietro ai toni trionfalistici delle forze di governo. “I decreti Salvini non ci sono più”, affermano dal PD, ma non è vero. I decreti Salvini sono stati modificati, sono sparite alcune sue parti odiose, ma rimangono ancora alcune sue logiche di fondo sul tema della solidarietà. Oltre al fatto che non è stata intaccata la parte relativa alla disciplina delle manifestazioni del dissenso, né quella relativa alla vendita con trattativa privata dei beni sotto i 400mila euro confiscati alle mafie.
Tornando alle norme sull’immigrazione, emergono soprattutto delle contraddizioni enormi per quel che riguarda la tutela dei migranti che si trovano in Libia e in mare e per i quali l’Italia è fortemente responsabile. Ecco perché le modifiche sono una vittoria a metà, in quanto permane la necessità urgente per il governo di avere coraggio e di mettere mano anche agli errori commessi non solo dal governo di Salvini ma anche da quelli precedenti. Così come sarebbe il momento di dotare questo Paese di una legge integrale sull’immigrazione che fissi delle regole complessive ispirate ai principi dell’uguaglianza, della solidarietà, dei diritti, dell’umanità e dell’interazione. Solo allora potremo dire di aver voltato veramente pagina e di aver girato le spalle a un passato colpevole e disumano.
Massimiliano Perna -ilmegafono.org
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