Il mare può avere la febbre? Secondo i risultati del progetto “Mare caldo”, realizzato da Greenpeace e dall’Università di Genova a largo dell’isola d’Elba sembrerebbe proprio di sì. I cambiamenti climatici si abbattono senza pietà proprio sul mare. I rilievi effettuati dai termometri posizionati fino a 40 metri di profondità segnalano, oltre a un aumento delle temperature a inizio giugno, anche un incremento delle temperature nella stagione invernale, con una media minima tra dicembre e marzo pari a 15°C, un grado in più rispetto alla media del 2006.
Questo cambiamento comporta modifiche anche all’ecosistema e alla fauna: molte specie termofile, ossia organismi sensibili alle temperature e in grado di riprodursi solo a temperature più elevate, si spostano verso nord. Molte specie più abbondanti nelle zone più calde del mar Mediterraneo stanno popolando invece altri spazi, generalmente non interessati a questo tipo di fauna.
Ciò che il team del DiSTAV dell’Università di Genova ha rilevato sulle specie marine è preoccupante: l’aumento delle temperature del mare ha provocato un pesante impatto sugli organismi marini. Alcune specie simbolo, come la gorgonia gialla e la gorgonia bianca, manifestano segni di necrosi, talvolta intere colonie sono stare ricoperte di mucillagine. Quest’ultimo fenomeno è strettamente collegato all’aumento di temperature, così come lo sbancamento e la morte di alcuni coralli.
La soluzione più stringente da adottare contro i cambiamenti climatici è legata alle politiche ambientali che devono necessariamente tutelare le aree più sensibili. L’aumento di temperature è solo uno dei tasselli che gravano sulla crisi dell’ecosistema marino, insieme all’inquinamento da plastica e alla pesca distruttiva. Misure di protezione sono più che necessarie. E non più rinviabili.
Redazione -ilmegafono.org
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