Un problema vecchio ormai 50 anni. È il dramma che coinvolge il fiume Sarno che si estende per circa 500 chilometri, abbracciando 41 comuni distribuiti su tre province: Avellino, Napoli e Salerno. Un fiume che ha perso da decenni il suo aspetto naturale per trasformarsi in una distesa di acqua rossa a causa dell’elevata presenza di cromo, diventando così uno dei fiumi più inquinati d’Italia. Alla base di questo tragico cambiamento c’è un doppio inquinamento: industriale e urbanistico. Quest’ultimo sarebbe collegato alla mancanza di collettori fognari che, di conseguenza, porterebbero all’immissione degli scarichi direttamente nel fiume. Ma la principale fonte di inquinamento sarebbero le industrie. Gli sversamenti dovuti alle attività delle aziende sono legati al carente monitoraggio e controllo del territorio e alla mancanza di attivazione dei depuratori, facendo sì che le sostanze nocive arrivino nel corso d’acqua.
Una situazione critica avvolta da un silenzio lungo decenni, interrotto negli ultimi anni grazie ad associazioni e comitati che cercano di sensibilizzare la gente, spesso inconsapevole della effettiva gravità che circonda la loro area. Perché l’inquinamento del fiume non è solo questione di “colore”, ma contribuisce alla diffusione dei tumori tra la popolazione. L’incidenza tumorale nelle zone dove il Sarno è maggiormente inquinato è infatti superiore del 30 per cento rispetto alla media nazionale. All’avvelenamento fluviale sono state collegate una serie di neuropatie e malattie organiche molto diffuse tra la popolazione dei comuni coinvolti. Non è un caso che in certe zone ogni palazzo contava almeno un episodio di tumore. A tal proposito risulta fondamentale l’aggiornamento del registro tumori ancora fermo al 2013.
A dare maggiore impulso alla causa e a incentivare gli abitanti che un fiume più pulito può davvero esistere è stato il lockdown, durante il quale è stato possibile assistere a netti miglioramenti del corso d’acqua che, dopo decenni, sembrava mostrare tonalità trasparenti, con anche l’aria dei dintorni che iniziava a essere più respirabile. In questo periodo ha visto la luce l’iniziativa Sarno2020, nata con lo scopo di riunire oltre 50 associazioni delle città bagnate dal fiume. Sulla questione del fiume Sarno esiste anche una petizione su Change.org (clicca qui).
La fine della chiusura ha portato nuovamente il problema a galla ed è per questo che si è creato questo fronte unico per combattere la battaglia. È stato stilato un manifesto di 10 punti attraverso i quali gli attivisti, coordinandosi con numerosi esperti, hanno individuato delle proposte concrete, come ad esempio: effettuare operazioni e analisi tecniche necessarie e propedeutiche alla reale bonifica del fiume; avviare un monitoraggio permanente e trasparente; procedere al censimento e alla mappatura degli scarichi, sia civili che industriali; ufficializzare i dati aggiornati del registro tumori; promuovere e potenziare lo screening obbligatorio nella prevenzione dei tumori; realizzare dei collettamenti fognari.
Lo scorso 11 luglio gli attivisti sono scesi in piazza riscuotendo successo tra i cittadini che sempre più numerosi si stanno avvicinando alla causa. Il manifesto è stato inviato alla Regione, al Ministero della Salute e a tutte le istituzioni competenti. Nell’occasione, inoltre, è stato consegnato direttamente nelle mani del presidente Vincenzo De Luca, con la speranza che al più presto qualcosa possa cambiare. I mesi passati hanno dimostrato che un fiume più pulito può davvero esserci.
Veronica Nicotra -ilmegafono.org
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