Un cambiamento nello stile di vita e nelle nostre abitudini quotidiane, che costituiscono elementi fondamentali per salvare il Pianeta. Quello che mangiamo, il modo in cui ci spostiamo, i comportamenti di acquisto, le nostre scelte abitative: tutto ciò può dare un contributo importante nella lotta alla crisi climatica che minaccia il globo. A sostenerlo è Greenpeace, che mette sotto accusa l’advertising, la pubblicità, qualcosa che influenza in maniera determinante il nostro stile di vita. Con le sue promozioni e le sue manipolazioni studiate, l’advertising ci spinge ad agire spesso in direzione opposta alla sostenibilità e alla tutela dell’ambiente.
Ecco perché la scorsa settimana, nel corso dell’edizione romana del “Make Something Week”, in collaborazione con Scomodo e Spin Time labs, Greenpeace ha creato l’iniziativa “Hack the Ads”, per avviare una discussione creativa sul problema dell’advertising negli spazi pubblici nel nostro Paese. L’obiettivo dell’evento è stato quello di promuovere modelli di consumo in linea con i principi del “lifestyle 1.5”, uno stile di vita nuovo in cui “1.5” si riferisce all’aumento massimo della temperatura media globale stabilito per limitare i cambiamenti climatici.
Circa duecento persone hanno partecipato al workshop “Hack the Ads”, tappezzando il centro della Capitale con manifesti alternativi alla pubblicità commerciale che, stimolando i consumi individuali, è una delle cause dell’eccessivo sfruttamento di risorse ambientali difficili da rigenerare.
La pubblicità commerciale sin dai suoi albori (uno dei primi ad utilizzarla fu Edward Bernays, nipote di Freud) mira a influenzare la nostra idea di necessità o successo ed è impossibile sottrarsi al suo effetto. Sui mezzi pubblici, sui cartelloni per le strade; è nella nostra visuale costantemente e ci influenza anche se non vi prestiamo attenzione, sollecitando meccanismi del nostro subconscio. Così consumiamo spesso prodotti di cui non abbiamo davvero bisogno realmente, ma che compriamo solo per soddisfare i desideri a cui siamo indotti.
“Nelle città – afferma Chiara Campione, Senior Strategist di Greenpeace Italia – gran parte degli spazi utilizzati per l’advertising commerciale sono pubblici. Noi cittadine e cittadini dovremmo avere voce in capitolo su come vengono utilizzati. Città come San Paolo in Brasile, Chennai in India o Grenoble in Francia hanno già bandito i cartelloni pubblicitari dai centri cittadini”.
“Con l’esperimento italiano di Hack the Ads – continua la Campione – abbiamo voluto immaginare, per un giorno, Roma senza pubblicità commerciale. Al suo posto opere d’arte, messaggi sociali e culturali, la ribellione alla plastica, la denuncia di modelli di business predatori per l’ambiente e speranza per le nostre vite ed il Pianeta. Ciò a cui aspiriamo non dovrebbe essere dettato dalla pubblicità ma dalla volontà di mettere al sicuro le nuove generazioni (e le città in cui vivremo) dai cambiamenti climatici”.
Redazione -ilmegafono.org
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