In settimana c’è stato il decimo anniversario dalla morte di Stefano Cucchi. Un caso che, a distanza di tanti anni, fa ancora discutere sui molteplici aspetti oscuri che ha fatto emergere. In attesa di una sentenza definitiva che metta la parola fine a questa incredibile vicenda, la sorella Ilaria, in occasione della manifestazione in onore di Stefano tenutasi il 12 e 13 ottobre, ha ricordato come la morte del fratello sia “entrata ormai nella storia di questo Paese, oltrepassando le mura delle carceri e delle aule processuali”. Ma come mai il processo Cucchi ha avuto una così grande rilevanza mediatica? E com’è possibile che a distanza di dieci anni ancora non ci sia stata una sentenza definitiva su un caso così eclatante?
Per rispondere a questi interrogativi bisogna riflettere sul ruolo politico delle forze dell’ordine nell’immaginario del nostro Paese. Da sempre, infatti, la politica ha cercato di accaparrarsi il ruolo di baluardo a difesa di chi ci difende. In questo senso i partiti di destra hanno sempre spinto forte, quasi sempre con una stucchevole retorica. E non solo in Italia. Ultimo caso evidentissimo è quello di Matteo Salvini che, da ministro dell’Interno (e non), negli ultimi due anni si è fatto vedere sempre o quasi vestito con divise o maglie delle varie forze dell’ordine italiane. Non ci sarebbe nulla di male se non si sfociasse, come spesso accade nel nostro Paese, nel fanatismo e nella cialtroneria. Fermo restando che, in un Paese normale, le divise dovrebbe indossarle solo chi fa parte di uno specifico corpo.
Ed è proprio sulla base di fanatismo e cialtroneria che è esplosa la bolla Cucchi. Dopo anni di santificazione delle forze dell’ordine, si è scoperta la barbarie, si è scoperto che questa morte non aveva un senso. Esponenti politici di rilievo come Giovanardi, Gasparri o lo stesso Salvini sono stati solo alcuni di quelli che in nome di questo fanatismo hanno attaccato Stefano e Ilaria Cucchi senza esclusione di colpi. Qualche anno fa, l’attuale leader della Lega è arrivato a dire che Ilaria Cucchi gli faceva “schifo”.
Ma oltre alla pressione politica e mediatica, va detto che questo procedimento penale è stato segnato da alcuni depistaggi (il pubblico ministero Giovanni Musarò ha recentemente definito il primo processo come “kafkiano”) ed errori giudiziari che hanno portato ad un primo processo ai danni di agenti della polizia penitenziaria di Regina Coeli, i quali però sono risultati assolutamente innocenti alla fine dei tre gradi di giudizio. Solo negli ultimi anni è ricominciato un nuovo processo che porterà il mese prossimo a una prima sentenza in merito alla quale il pm ha chiesto una condanna a 18 anni a danno dei due carabinieri che avevano provveduto all’arresto di Stefano.
Insomma la verità sulla morte di Stefano Cucchi sembra vicina e lontana allo stesso tempo. Se da una parte, infatti, le testimonianze di questo processo hanno fatto luce su molti aspetti oscuri della vicenda, il pericolo di un nuovo depistaggio è sempre dietro l’angolo e c’è dunque grande apprensione su quello che succederà nelle prossime settimane. Vedremo, ma è chiaro che sarebbe ora di mettere il fanatismo da parte e dare giustizia a una famiglia che lotta strenuamente da dieci anni per averne.
Vincenzo Verde -ilmegafono.org
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