Peculato, concussione e abuso d’ufficio: sono queste le accuse rivolte al sindaco di Apricena (Fg), Antonio Potenza. Primo sindaco leghista pugliese, da molti ritenuto “il volto buono della Lega al Sud”, quello di Potenza è un vero e proprio record: lo stesso, infatti, aveva stravinto le elezioni soltanto due mesi fa con oltre il 70% delle preferenze, dimostrando a tutto il Paese che il Carroccio era riuscito ad attecchire persino in quelle terre e in quei territori spesso denigrati ed ignorati. Appena due mesi dopo, però, un’altra triste verità è emersa a galla: un nuovo presunto caso di malapolitica e di malaffare. Se le accuse venissero confermate, sarebbero la triste dimostrazione che il partito politico del leader Salvini non è tanto diverso da quella vecchia politica che lo stesso ministro spesso accusa e dal quale dice di differenziarsi.

La vicenda di Apricena, più in generale, ci mette di fronte alla consueta realtà di un Paese che sembra non poter andare avanti senza cadere nella illegalità, nella corruzione, nel “favoritismo”, nell’aggiramento delle procedure. Sembra quasi che a guidare l’Italia e la sua economia sia sempre è solo una cosa: non il Pil, non l’industria, ma il malaffare, l’intreccio illecito tra politica e imprese amiche. Senza questo, il Paese si blocca: la burocrazia diventa insostenibile, gli amici degli amici non “mangiano”, i politici non vincono le elezioni. Ora, è chiaro che quanto fatto da Potenza deve ancora essere accertato sotto ogni punto di vista. La magistratura farà il proprio corso e, viste le indagini ancora non concluse, non sarebbe corretto lasciarsi andare a giudizi sulla persona e sulla sua onorabilità, anche se vista la portata delle accuse il dubbio è legittimo.

Quel che ci si chiede, però, è il perché di un silenzio tanto assordante da parte del governo e dei suoi rappresentanti più importanti e più loquaci. Primo tra tutti, è chiaro, il ministro degli Interni, Salvini, che poi è il capo di partito del sindaco arrestato. Un “chi sbaglia paga, da Bolzano a Lampedusa” non basterebbe, non potrebbe certo risolvere la situazione. Perché non è con uno slogan che si mettono a posto le cose. Piuttosto bisognerebbe pensarci prima, visto che sono tanti gli esponenti della Lega che, localmente, finiscono dentro inchieste con accuse pesanti. Possibile che Salvini non avesse alcuna remora su Potenza? Tra l’altro, dalle intercettazioni sembra che lo stesso sindaco avesse intrapreso un vero e proprio comitato d’affari (illegale, è chiaro), già nel 2012, ai tempi della militanza in Forza Italia. Come mai allora la scelta è ricaduta proprio su di lui?

Adesso ci si aspetta almeno che il capo della Lega prenda dei provvedimenti seri e lasci perdere i tweet. Ma dubitiamo che ciò avverrà. Del resto, pensare che imbastisca anche solo una battaglia politica e social come fatto contro Carola Rakete appare piuttosto utopistico. Certo ci aspetteremmo quantomeno la stessa ossessiva e aggressiva attenzione mostrata per casi molto meno gravi e per reati ridicoli (che peraltro la Cassazione ha dichiarato inesistenti), come nel caso di Riace.

E che dire degli amici di Salvini, i pentastellati? Quelli dell’onestà, della legalità, della giustizia prima di tutto? Il livello di vergogna (a Roma si direbbe paraculaggine, ma forse non basterebbe) raggiunto dal partito di Di Maio è ormai insostenibile e non stupisce allora che non una parola sia stata proferita in merito al caso Apricena. Non stupisce più la voragine politica causata proprio da chi sull’onestà ci ha fatto una campagna elettorale infinita ed un programma politico coi fiocchi: cos’è successo dal 2013 ad oggi? Che cosa è cambiato nella percezione della legalità? O forse sarebbe più corretto chiedersi che tipo di colla, di sostanza ci mettono in quelle poltrone? La strada che si prospetta davanti a noi, il futuro del Paese stesso non sono affatto tra i più rosei, ma ciò non deve autorizzare la politica a prendere in giro un Paese che già si prende in giro da solo, dando fiducia a chi si appella alla legalità solo quando gli conviene, mentre tace quando lo riguarda da vicino.

Giovanni Dato -ilmegafono.org