Ci risiamo. A Casal Bruciato l’orrore si ripete. Un orrore che puzza di fascismo, ignoranza, razzismo, illegalità. Dopo Torre Maura, ancora una volta l’odio razziale contro i rom. Un odio strumentalizzato da chi non ha altri modi per fare politica e provare a raccattare il misero consenso di qualche frustrato. Roma, ancora una volta. Il cuore della politica e delle istituzioni, la capitale di un’Italia che ha dimenticato il diritto. Roma, Casal Bruciato. Un luogo nel quale si sentono quattro vigliacchi urlare di tutto, minacciare delle famiglie italiane, solo perché hanno un’origine etnica diversa. Casal Bruciato, un teatro degli orrori nel quale quattro sfigati impediscono allo Stato di far valere un diritto. Gli stessi sfigati che invocano Mussolini, minacciano rappresaglie terribili. Minacciano una madre di stupro.
Lo stupro come arma politica o come terminale di una logica marcia, un classico dei fascisti. Una caratteristica tipica del loro Dna. Tutto questo avviene senza che le forze dell’ordine intervengano con il rigore, lo zelo e la forza che mostrano in altre circostanze. Tutto questo avviene mentre in altre zone d’Italia, precisamente a Salerno, si sequestra temporaneamente un telefono per punire chi ha osato farsi un autoscatto con un ministro, sfruttandone l’ego infantile e ingannandolo con una domanda scomoda. Tutto questo avviene mentre, sempre a Salerno, la polizia entra in casa di una signora, rea di aver appeso al suo balcone uno striscione di contestazione (“Questa Lega è una vergogna”), intimandole di toglierlo per non avere problemi con la giustizia. La giustizia.
Quella di un Paese che si scatena contro i poveri e gli ultimi, un Paese che usa la polizia non per punire chi usa violenza fisica e verbale nei confronti delle famiglie con bambini al seguito, ma per punire le opinioni o una battuta, una domanda impertinente o uno striscione legittimo e non offensivo. Punire un’opinione. Solo quella di chi dissente dal ministro che li governa, naturalmente. Perché quando invece le battute, volgari, razziste, offensive, quelle che fomentano l’odio provengono dai fan del ministro di turno o dalla bocca del ministro stesso, allora nessun richiamo. Questo è il Paese che sgombera luoghi di accoglienza e integrazione positiva come il Baobab, che da anni fanno da cuscinetto alle mancanze e agli obbrobri giuridici dello Stato, ma non interviene per sgomberare la sede di CasaPound, che occupa abusivamente un palazzo appartenente alla collettività. Addirittura rinuncia per paura delle minacce dei militanti che intimano alla polizia di fermarsi se non vogliono un lago di sangue.
Questo è il Paese nel quale chi dovrebbe garantire la sicurezza degli italiani, ingaggiando una lotta senza sosta e senza quartiere a chi la minaccia quotidianamente, vale a dire le mafie, preferisce occuparsi di altro, di disperati, di gente in fuga da orrori dei quali noi italiani siamo responsabili o complici. Intanto le mafie crescono, proliferano, moltiplicano i propri affari, dirigono pezzi della politica, dalla Sicilia alla Lombardia, controllano i territori, uccidono, colpiscono uomini dello Stato, come a Foggia, insanguinano le strade con il sangue di innocenti come la piccola Noemi.
E chi pensa che fino a quando i camorristi si ammazzano tra loro allora potremo fregarcene, davanti alla drammatica realtà delle vittime innocenti dovrebbe mettersi in ginocchio e chiedere scusa. Ma non lo farà mai, perché questa è l’epoca dei cialtroni, di quelle convergenze tra cretini di cui ha ben parlato più volte il prof. Nando Dalla Chiesa.
Dinnanzi a questo scempio sociale, umano, culturale, alla pochezza di una politica ormai lontanissima dalla realtà e alla crudeltà di intere fasce di popolazione incattivite, spietate, ignobili, trovare una goccia di speranza nel domani diventa un’impresa ardua. Ma se è vero che i mandorli fioriscono nel buio dell’inverno, allora è salvifico immaginare che qualche segnale incoraggiante prima o poi possa arrivare. Perché proprio nei momenti peggiori spunta sempre una buona luce a diradare le tenebre. Davanti all’orrore di Casal Bruciato e di Napoli, allora, non si può non pensare a Simone, il ragazzino di Torre Maura che affrontò i fascisti e li annichilì e che per questo è stato premiato. Vogliamo pensare che siano tanti i Simone che oggi stanno crescendo e si preparano a contrastare questo clima d’odio con la loro intelligenza.
Allo stesso modo, davanti al sangue di Napoli viene da pensare ad Antonio, a quella timidezza che si frantuma davanti a un megafono nel quale urlare tutta la propria rabbia e il proprio disprezzo contro quella camorra che ha respirato in famiglia, per colpa di un padre al quale vuol bene ma che non stima, che rifiuta, come rifiuta quella criminalità che definisce ignobile e rispetto alla quale invita i giovani come lui, costretti a subirla, a ribellarsi. Alla camorra e alle “tradizioni” familiari. Sono volti giovani: Antonio ha 23 anni e Simone 16, come 16 sono gli anni di Greta, che ha scelto di scrivere su un cartello il proprio disperato no a chi distrugge l’ambiente e il pianeta.
Pier Paolo Pasolini scriveva che i giovani sono “pieni di quella sostanza vergine dell’uomo che è la speranza, la buona volontà: mentre gli adulti sono in generale degli imbecilli, resi vili e ipocriti (alienati) dalle istituzioni sociali, in cui crescendo, sono venuti a poco a poco incastrandosi”. Il mondo oggi sembra dominato dagli imbecilli, ma in questo mondo ci sono anche i giovani puri. Sono ragazze e ragazzi, sono i mandorli che crescono nel buio, andando oltre gli insulti e i morsi acidi dei parassiti, sono forti ma non dobbiamo lasciarli soli, né delegare a loro tutto il peso di una speranza che ha bisogno di molte mani per fiorire e diventare frutto. Non più speranza, ma cambiamento. Nel mondo.
Massimiliano Perna -ilmegafono.org
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