Non sono solo le parole contro il diverso che sanciscono l’ingresso in un nuovo medioevo. Le tensioni internazionali continuano a crescere. Il governo giallo-verde, come lo chiamano molti, riesce nell’intento di mettere in discussione decenni di progresso. Lo sgombero del Baobab dimostra per esempio la miopia del giustizialismo provinciale che attanaglia i nostri. Incapaci di risolvere i problemi veri, si danno anima e corpo a imprese inutili quanto dannose. Singolare poi la retorica anti-garantista dietro cui si trincerano. Se chiamati puntualmente a rispondere si troverebbero avviluppati in un corto circuito. Invece lasciano impuniti per esempio i fascistelli d’oggi con le loro marcette e la retorica d’antan.  D’altra parte qualcuno ci andava a cena insieme.

Le dichiarazioni su Ilaria Cucchi, poi, che qualche tempo fa si sentiva dire da un futuro ministro che “faceva schifo”. E ancora la condanna del modello Riace, soluzione comprovata ai problemi cui molti italiani sono sensibili. Ma la tendenza è certificata non solo dall’atteggiamento del vicepremier leghista, ma anche dai comportamenti del Movimento 5 Stelle. Le recenti defezioni o intransigenze di due senatori li mettono subito alla berlina. Interviene un collegio di probiviri e per i nostalgici sembra di essere arrivati direttamente all’inquisizione anziché alle purghe fasciste.

E poi il tono da perenne campagna elettorale, gli esponenti no vax in parlamento, perfino i dubbi sulle spedizioni lunari. Per non parlare delle parole del ministro Lezzi sulla pluralità scientifica in televisione e la scelta di Marcello Foa alla presidenza RAI.

Più che un governo sembra un’accolita di cinquantenni sui social. I giovani non esistono, ormai sono grandi e quindi gli diamo la paghetta (reddito di cittadinanza). L’importante è la pensione, i marciapiedi puliti e poche facce straniere in giro. La stanchezza dell’età impedisce di accogliere i cambiamenti in modo proattivo. E dire che si tratterebbe di leader relativamente molto giovani.

In questo contesto spaventa molto l’assenza totale degli intellettuali. Sono tutti spariti. Non c’è una voce concreta forte e decisa contro il governo. Certo, dovrebbe esserci un’opposizione, ma è ammutolita ed evanescente. Con essa anche l’impegno civile. Certo che in molti si erano “compromessi” sposando dall’inizio una causa che a qualcuno sembrava nobile, animata da buoni propositi dal basso. Adesso anche a loro costa evidentemente ammettere che si erano sbagliati. Silenzio anche dal mondo della musica. Senza andare agli anni d’oro delle contestazioni, ricordo i primi duemila e toni più decisi e controcorrente.

Per non parlare poi del giornalismo. Sui talk-show assistiamo a interviste appiattite con gli applausi a comando anche su temi che farebbero drizzare i capelli. Persino Floris che richiama Di Maio sull’uscita dall’euro (aveva detto in quella trasmissione che avrebbe votato per il sì salvo rimangiarsi tutto in qualche mese), non scalfisce il self control del vice ministro. Nessuno che chieda mai conto di niente. Non si tratterebbe di dover sbranare retoricamente qualcuno semplicemente perché non la pensa come noi, ma si tratterebbe più banalmente di non consentire dei comizi a chi ha voluto e si è assunto la responsabilità di guidare un paese democratico.

Mentre spacchiamo il capello in quattro tra minuscole variazioni di posizione, mentre ci culliamo sui nostri preconcetti, la democrazia rischia molto seriamente la sua tenuta.

Penna Bianca -ilmegafono.org