«La ‘ndrangheta controlla il 20-30% dei voti. Basta spostare il pacchetto di quei voti dalla lista A alla lista B per concorrere a decidere chi farà il sindaco o il segretario comunale ». Con queste parole, il procuratore Nicola Gratteri descrive in maniera cruda una situazione angosciante e pericolosa, intervenendo nel programma “Kronos”. La mafia, dunque, è l’ago della bilancia quando si tratta di elezioni. Il rischio descritto da Gratteri è concreto e sembra davvero difficile riuscire a governarlo.
Continua infatti Gratteri: «Vigilare sulle liste è un compito immane, enorme. Nemmeno duemila persone sono in grado nell’arco di tre giorni di controllare candidato per candidato e chi essi rappresentano. È un lavoro che toccherebbe a chi fa le liste e soprattutto ai suggeritori».
La battaglia da condurre pare immane. La pervasività del fenomeno mafioso è quindi ben evidente in politica. Questo significa, nel breve, avere un problema con le prossime elezioni e cercare di porvi un freno; nel medio/lungo termine significa invece maggiori difficoltà nell’individuazione del fenomeno mafioso, soprattutto se questo si compenetra con la società a tutti suoi livelli. Con le sue maledette metastasi questo cancro si sta impadronendo della nostra vita. Certo non saltano in aria le automobili. Non si sente più parlare di morti ammazzati per strada. Non c’è quel clima di terrorismo perenne. Eppure l’economia criminale prospera e, forse, cercare di combatterla oggi è più difficile.
Se la caccia all’uomo o al pistolero era una battaglia tra buoni e cattivi, come condurremo questa lotta in questa zona grigia? Ma del discorso di Gratteri, quello che spaventa ancora di più è l’impossibilità di controllo, di governo e di contrasto del fenomeno. Dice infatti il procuratore che l’invito di Minniti alle forze politiche a impegnarsi a non candidare mafiosi è inutile, proprio perché è un rischio calcolato e, appunto, conviene. La percezione che si ha sentendo le parole di Gratteri è quella di avere le mani legate e forse di non rendersi conto fino in fondo del rischio che corriamo.
Non sono forse tutti uguali? Non sono forse tutti mafiosi? Forse, anche nel gergo politico, l’abuso dell’offesa e dell’epiteto ha contribuito a svuotarlo di significato. Alla fine che male potranno fare se l’appalto va ad uno anziché ad un altro? E se i rifiuti non li raccolgono cambia forse qualcosa rispetto ad oggi? E se la sicurezza e i diritti non vengono rispettati cosa cambia rispetto ad ora? Ecco, anche la politica stessa, lasciandosi prendere da derive ballerine, inchieste pruriginose, rapporti opachi, si è avvicinata alla mafia e la mafia alla politica. Il rischio è che non le sapremo più distinguere.
PennaBianca -ilmegafono.org
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