Un recente studio di Innovhub-Stazioni Sperimentali per l’Industria, azienda speciale alla Camera di Commercio di Milano che si occupa di ricerca applicata, consulenza tecnico-scientifica e testing industriale, in collaborazione con Assogasliquidi e Anigas, ha esaminato le emissioni degli apparecchi per il riscaldamento domestico a gas, gpl, gasolio, pellet e legna. Nello specifico, si tratta di un’analisi comparativa tra i vari sistemi di riscaldamento, con lo scopo di misurare e confrontare le emissioni prodotte. Secondo la ricerca, i materiali più inquinanti sarebbero legna e pellet, che contribuirebbero in maniera significativa alle emissioni inquinanti, in particolar modo a quelle di particolato (PM), a differenza degli apparecchi a gas naturale a gpl, che emetterebbero emissioni di particolato e benzopirene molto più basse.
Per l’indagine sono state misurate le emissioni di macro e micro inquinanti prodotte da caldaie murali a condensazione alimentate a gas naturale e gpl e quelle dei riscaldamenti e delle stufe a legna e a pellet. Gli apparecchi utilizzati sono state due stufe a pellet, una di gamma medio-alta e l’altra di tipo economico, ed entrambe sono state provate sia con pellet di classe A1 che con quello di classe A2.
Dai risultati dello studio è emerso che, per quanto riguarda il particolato, gas naturale e GPL registrerebbero un fattore di emissione inferiore ai 0,04 g/GJ, il gasolio di 0,1 g/GJ, la legna di 254 g/GJ, il pellet di qualità A1 su stufa di alta gamma 23,9 g/GJ, su stufa di bassa gamma 44,1 g/GJ, il pellet A2 in stufa d’alta gamma 83,8 g/GJ, in stufa di bassa gamma 82,9 g/GJ. A sostenere i risultati dello studio ci sono Assogasliquidi e Anigas, le associazioni rappresentanti dei settori gas naturale e GPL, ma di fatto il dibattito sulla biomassa è aperto, visto che legna e pellet hanno meno effetti sul clima dato il minor impatto di CO2, ma non bruciano bene.
Proprio secondo i dati Ispra, la causa principale per la produzione di particolato è il riscaldamento domestico e, successivamente, vengono industria e trasporti. “Non si riesce a stabilire una soglia di rischio per l’esposizione al particolato – spiega la dottoressa Isabella Annesi Maesano dell’INSERM (l’Institut national de la santé et de la recherche médicale) di Parigi – perché non siamo tutti uguali. L’OMS l’ha fissata per proteggerci. Il 92% della popolazione mondiale respira aria inquinata per biomassa”.
Il bacino padano rappresenta una delle zone più inquinate d’Italia e d’Europa: chiuso dalle montagne, con un’alta concentrazione di insediamenti e attività produttive, scarsamente ventilato, il fenomeno dell’inversione termica intrappola al suolo i gas.
Un piano per limitare i danni del riscaldamento è stato proposto da Graziano Volpe della Direzione Ambiente della Regione Piemonte: “Prima di tutto limitare l’uso delle biomasse nell’area metropolitana di Torino, in pianura e collina usarla solo con determinati requisiti energetici, dare l’autorizzazione alla produzione d’energia elettrica da biomassa solo con impianti di cogenerazione. Infine, nelle zone di montagna bisognerebbe usare piccoli impianti di teleriscaldamento da biomassa di provenienza locale”.
Veronica Nicotra -ilmegafono.org
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