Nell’Europa dei muri e del filo spinato che stringe accordi con la Turchia, pochi giorni fa, la Commissione Ue ha dato l’ok a Germania, Norvegia, Austria, Danimarca e Svezia per estendere di altri sei mesi la chiusura e il controllo di alcune frontiere interne, in deroga agli accordi di Schengen. Una scelta che, al di là delle successive parole della Merkel sulla necessità di difendere proprio Schengen, segna una triste continuità con la politica della chiusura e della non accoglienza che sta producendo la mostruosità disumana della vita nei campi profughi alla frontiera greca e dei respingimenti organizzati in Turchia, al prezzo (a vantaggio dei Turchi) di sei miliardi di euro.

La proposta politica che l’egoismo europeo porta avanti è quella del rifiuto di un’accoglienza che l’Europa potrebbe permettersi tranquillamente, senza nessun tipo di impatto negativo, anzi con una ricaduta positiva in termini di crescita sia economica che culturale e umana. La gelosia dei propri interessi, l’indifferenza nei confronti di un fenomeno epocale che deriva anche dalle guerre e dagli errori a cui l’Europa stessa ha contribuito in questi ultimi venti anni (e pure prima), la stoltezza con la quale si è scelto di non modificare gli accordi di Dublino, impedendo una equa distribuzione degli arrivi, ha dato luogo alla vergognosa situazione attuale.

Vergognosa è un eufemismo, perché quello di cui si sta macchiando il nostro continente oltrepassa di parecchio qualsiasi decenza, qualsiasi valore umano. Continuiamo a dormire tranquilli occupandoci di altro, mentre migliaia di persone ci implorano alle porte di ingresso dell’Ue e mentre altre migliaia di profughi vengono intrappolati tra Siria e Turchia, con l’avvallo europeo, diventando bersaglio dell’artiglieria pesante, morendo sotto le bombe e i proiettili. Stiamo condannando l’esistenza di migliaia di bambini e famiglie, che peraltro sono solo una parte di quelli che scappano, perché poi ci sono anche coloro che non si sono mai mossi dalla Siria, non hanno avuto nemmeno le possibilità di andare via, di provare a lasciare il Paese.

Un eccidio quotidiano a cui l’Europa della memoria perduta partecipa attivamente. Le soluzioni politiche presentate, compresa quella del governo italiano sugli euro-bond da investire in Africa, sono soltanto boutade, sembrano più una scusa per intraprendere una nuova campagna di colonizzazione, come se non bastasse quella già in atto. Oltretutto non risolverebbero il problema dei rifugiati e di chi scappa dall’inferno che si combatte con le armi di provenienza soprattutto “occidentale” (Italia in primis). Il quadro è negativo, bruttissimo, desolante, ma per fortuna non esistono scenari disumani nei quali non vi sia un po’ di umanità capace di trovare spazio.

E allora c’è una bella speranza che viene dallo stesso Paese di quella Angela Merkel che è figura ambigua e ondivaga, che passa dall’elogio dell’accoglienza alle peggiori chiusure contro i migranti, dalla difesa degli accordi di Schengen alla richiesta di deroghe. Sono due, in realtà, le speranze da raccontare e hanno per protagonisti dei giovani. Molto giovani. Sono otto ventenni, che, come ci racconta questo articolo apparso su “La Stampa” (leggi qui), hanno messo in piedi una associazione (“Jugend Rettet”) e organizzato una campagna di raccolta fondi per acquistare una nave capace di portare in salvo almeno 100 persone. Hanno raggranellato ben 300mila euro.  La nave a breve sarà pronta, con l’aiuto e la consulenza di Greenpeace Germania, per una missione di sei mesi di pattugliamento e salvataggio nel Mediterraneo.

Questi ragazzi, fortunatamente, non sono i soli, perché qualche settimana fa, a Siracusa, un altro gruppo di ventenni tedeschi è giunto dopo aver raccolto beni alimentari, vestiario e coperte da destinare ai lavoratori stagionali di Cassibile e ai migranti ospiti di una comunità di accoglienza volontaria, cioè non convenzionata, di cui avevano sentito parlare in Germania. Parliamo della comunità di Bosco Minniti, da anni in prima linea nella lotta per i diritti dei migranti. E come questi ragazzi, ce ne sono anche altri, un po’ ovunque in Europa, anche loro molto giovani, che hanno scelto di non girare le spalle e lo sguardo dall’altra parte e di impegnarsi concretamente.

Il loro contributo, in termini di idee, energie, sforzi tangibili è qualcosa che lascia uno spiraglio di luce in un mondo buio e fa davvero capire quanto l’impegno giovanile sia uno dei nodi centrali di questa epoca. Perché se fossero di più, se ci fosse una spinta diffusa e umanitaria dei giovani di questo continente, forse la politica sarebbe costretta a cedere, a cambiare direzione. Chissà che questi pionieri della solidarietà giovanile non aprano una strada non tanto a nuove sensibilità, che magari teoricamente ci sono e anche molte, ma alla voglia di metterle in pratica, trasformando la rabbia, l’indignazione e il sogno di un’Europa umana in azione concreta e in impegno costante. Per una volta, nel raccontare il marcio che continua a corrodere i piani alti, questi ragazzi e le loro azioni ci regalano un barlume di speranza che illumina dal basso il nostro oscuro mondo quotidiano.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org