È di alcuni giorni fa la notizia di una maxi operazione (denominata “Aquile nere”) dei carabinieri di Santa Maria Capua Vetere, scaturita da un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, che ha portato all’arresto di 15 membri di una “nuova” realtà criminale: il “gruppo dell’Eye”. Il gruppo, appartenente alla “Black Axe”, la mafia nigeriana, pur facendo base a Castel Volturno, aveva ramificazioni sparse per l’intero territorio nazionale. I provvedimenti cautelari (15 arresti e 7 obblighi di firma) effettuati dai carabinieri hanno infatti interessato le province di Caserta, Roma, Firenze, Arezzo, Brindisi e Catania.
Gli inquirenti sono venuti a conoscenza delle attività illecite a cui era dedito il gruppo (tutti ai danni della locale comunità africana), prevalentemente nell’ambito del traffico di sostanze stupefacenti e del racket, dalle lunghe indagini, iniziate nel luglio 2014, e dalle testimonianze di due ex membri dell’organizzazione criminale divenuti collaboratori di giustizia. Le indagini hanno permesso di appurare che il business a cui il gruppo era più fortemente interessato era quello del traffico di sostanze stupefacenti che veniva gestito avvalendosi del “nnunu”: il corriere ingoia ovuli.
È altresì emersa, dai racconti dei due collaboratori e dalle intercettazioni, la brutale ferocia degli appartenenti al gruppo, capaci di torturare con il machete i disobbedienti (esistono degli appositi affiliati chiamati “Axe men”) e di smembrare il cadavere di un nnunu morto per recuperare gli ovuli, lasciandone poi i resti nei campi. L’intensa attività investigativa ha inoltre permesso, lo scorso 11 aprile, di assicurare alla giustizia anche Bismark Ameyaw, detto “Blacky”, il capo del gruppo, risultato irreperibile nel corso del precedente blitz. I non addetti ai lavori o, semplicemente, i meno informati potrebbero etichettare questa realtà criminale come recente.
L’ascia nera in realtà è tutt’altro che neonata: è una organizzazione criminale di stampo mafioso molto forte la cui nascita risale agli inizi degli anni ’80, in concomitanza della crisi petrolifera in Nigeria. L’errore più comune in cui gli italiani (o almeno la parte di italiani indottrinati da Salvini&co.) rischiano di cadere è quella di collegare questi criminali all’ “emergenza sbarchi” che ha interessato l’Italia negli ultimi anni. La realtà (probabilmente più scomoda) è che la Black Axe ha semplicemente trovato terreno fertile nel nostro “bel Paese”, dilaniato com’è dall’egemonia delle mafie e dalla politica corrotta.
A riprova di ciò, i primi arresti di membri della mafia nigeriana in Italia risalgono al 2007, diversi anni prima che il fenomeno degli sbarchi assumesse (per la colpevole inerzia di tutto l’Occidente) le sembianze di un’emergenza. La mafia nigeriana (che è una realtà criminale internazionale molto potente, alla stregua di quella russa e di quella cinese) ha in effetti molto in comune con le mafie “nostrane”. Non solo gli “affari” economici ma anche l’organizzazione interna e il rituale di iniziazione sono del tutto simili tra loro. Tali analogie giocano certamente a nostro favore perché, malgrado sia innegabile che si delinea nell’ambito malavitoso un nuovo nemico da sconfiggere, non ci manca di certo l’esperienza per affrontarlo. L’operazione “Aquile nere”, spezzando la lama dell’ascia nera, lo ha dimostrato.
Anna Serrapelle- ilmegafono.org
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