I carabinieri del Nucleo tutela dell’Ambiente, guidati dal colonnello De Caprio (il capitano Ultimo), in collaborazione con le autorità rumene, hanno arrestato quattro persone: Sergio Pileri, Victor Dombrovschi, Raffaele Valente e Romano Tronci. Gli arrestati sono accusati di aver tentato di riciclare il patrimonio di Vito Ciancimino, ex sindaco di Palermo. L’inchiesta parte nel 2010 dalla Direzione distrettuale antimafia di L’Aquila, ma è soltanto due anni fa che si hanno i primi riscontri. Nell’ottobre del 2012, infatti, gli inquirenti iscrivono nel registro degli indagati ben 9 persone e, tra queste, vi sono anche i quattro appena citati.
Secondo le indagini, avrebbero tentato di vendere al ribasso la società rumena Ecorec, la quale gestisce la discarica più grande d’Europa a Glina, in Romania. Il prezzo stabilito sarebbe stato di 60 milioni di euro e, a quanto pare, tale operazione sarebbe stata messa in atto al fine di evitare eventuali confische da parte dello Stato italiano proprio in merito all’indagine di cui si è appena parlato. Un’operazione, questa, resa possibile da Romano Tronci, ingegnere milanese e amico della famiglia Ciancimino, ma soprattutto dal controllo e dalla supervisione di Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco, non indagato poiché già accusato nel 2011 per reato “presupposto”.
Dalle indagini è emerso che i quattro, già l’anno scorso, sarebbero riusciti a far dichiarare lo stato d’insolvenza della società da parte del tribunale di Ilfov proprio per evitare ogni possibile confisca. Successivamente, gli stessi avrebbero tentato di vendere tale società alla lussemburghese Eco Vision International, ma senza riuscirci. A distanza di quattro anni, dunque, la giustizia italiana, in collaborazione con quella rumena, è riuscita a smantellare un’operazione che avrebbe portato soldi nelle tasche di gente poco affidabile, ma soprattutto ad evitare che una società talmente importante venisse venduta all’estero e con essa parte del patrimonio di cosa nostra.
Ciò che sorprende, ad ogni modo, è che tale inchiesta sia partita dall’Abruzzo, dove dopo il terribile terremoto del 2009, la magistratura di L’Aquila ha effettuato importanti inchieste sulle possibili infiltrazioni mafiose nella ricostruzione dello stesso capoluogo. Un caso? Una coincidenza? Probabilmente sì, probabilmente no. Quel che è certo è che la mafia, o chi per lei si muove (la cosiddetta zona grigia), è sempre in agguato e riesce a muoversi in anticipo rispetto allo Stato e alle autorità.
Per fortuna, in questo caso, gli inquirenti sono stati più bravi e tempestivi, anche se l’operazione appena conclusa è soltanto una piccola parte di una inchiesta molto più grossa che vede le forze dell’ordine e la magistratura italiane concentrate, da oltre 10 anni, sul patrimonio di Vito Ciancimino e sull’investimento di tale tesoro proprio in Romania.
Giovambattista Dato -ilmegafono.org
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