I servizi segreti britannici negli anni Quaranta l’avevano definita la “chemical city”. Per anni, nella zona militare del Lago di Vico il regime fascista ha sperimentato armi chimiche rilasciando nell’ambiente tonnellate di sostanze altamente inquinanti. A decenni di distanza dalla prima bonifica del luogo, fatta in segreto nel 1996, nell’area inquinata, a ridosso d una delle riserve naturali più belle del centro Italia, il ministero della Difesa ha indetto il bando per la bonifica del “Centro nucleare batteriologico e chimico” del Lago di Vico. Già a novembre scorso squadre militari avevano “scavato” nella zona militare, rinvenendo tra le altre cose alcune masse ferrose (quattro bombole vuote e corrose) che sono state rimosse e trasportate nel Centro di stoccaggio di Civitavecchia.
Nel 1996, come riferisce il Coordinamento Nazionale Bonifica Armi Chimiche, “furono rinvenute nel terreno, a pochi metri di profondità, 60 cisterne di fosgene, ciascuna lunga quattro metri; tutte in pessime condizioni, con evidenti lesioni e tracce di ruggine. Nella totale segretezza si cominciò a svuotarle sul posto: il liquido veniva pompato dalle ogive, trasferito in nuovi bidoni e inviato a Civitavecchia. Ma durante queste delicatissime operazioni una nube di fosgene (gas tossico ed estremamente aggressivo) si liberò nell’aria intossicando gravemente un malcapitato ciclista e svelando a tutta la popolazione, fino ad allora ignara, la dimensione del problema”.
Negli anni successivi è stato più volte affermato che le operazioni di bonifica si erano concluse, ma recenti indagini condotte dall’Arpa sui sedimenti del lago hanno evidenziato in alcuni punti concentrazioni di arsenico e altri metalli pesanti, anche trenta volte superiori alla soglia di contaminazione. Dopo i primi interventi di bonifica, i valori sono scesi, ma gli acquedotti della zona sono ancora tutti contaminati, un danno ecologico ed economico allo stesso tempo, considerando che la riserva naturale è da sempre una meta di villeggiatura. Dall’ultimo monitoraggio della Goletta verde di Legambiente effettuato nei sedimenti del bacino tra i comuni di Ronciglione e Caprarola, sotto il sito che ospitava il centro chimico, è emersa una concentrazione di arsenico di 61,2 milligrammi per chilo rispetto ad una soglia di contaminazione (Csc) di 20 milligrammi per chilo.
“Dati che ribadiscono l’importanza di procedere celermente con ulteriori controlli a partire da quelli previsti dal protocollo tra Arpa e ministero della Difesa – spiega Legambiente – che prevede anche la datazione dell’arsenico nei sedimenti. Ancora oggi la questione della ‘Chemical City’, la cittadella dove si fabbricavano armi chimiche durante la Seconda guerra mondiale, è ancora tutta da affrontare”. Basti pensare che alcuni attribuiscono l’elevata concentrazione di arsenico nelle acque del lago alla sua origine vulcanica.
G. L. -ilmegafono.org
Commenti recenti