Quando ho appreso la notizia della scelta della segreteria del Pd di votare per Marini sono stato colto da un pensiero: come spiegare a un bambino, di oggi ma anche di domani, la gravità di una decisione simile. Nel cercare una risposta mi sono passati davanti gli ultimi ventidue anni della mia vita, con tangentopoli, le stragi, le inchieste successive, l’ascesa di Berlusconi, l’antiberlusconismo, le leggi ad personam, gli scandali, la sinistra che si divide, si ricompatta, si divide ancora, si ridisegna, si sfalda, l’avvento di Grillo e la sua vittoria. Un doloroso riassunto di un ventennio di orrori ed errori, di voti al “meno peggio”, di toni esasperati, di un preoccupante e progressivo degrado culturale, economico, etico, politico e sociale. Sono stato male. Fisicamente male. Il mio stomaco ha somatizzato lo sdegno con un dolore identico ad un pugno sul fianco (quello sinistro, che coincidenza…) sferrato da un pugile professionista. Ho dovuto controllare la rabbia, come se quel bambino lo avessi davanti e dovessi necessariamente evitare di lasciar trasparire le emozioni per non spaventarlo.
Se tutto questo è successo a me, che non sono né un tesserato né un elettore del Pd, immagino cosa abbiano provato quei militanti onesti che inseguono da anni un cambiamento, che si sono spesi nelle attività della base, nella campagna elettorale, e hanno votato credendo possibile quel cambiamento. Un suicidio politico che nessuno di noi forse si sarebbe aspettato. Nel commentare l’esito del voto e tutta la fase successiva, pur nella feroce critica al Pd, al suo segretario e al suo gruppo dirigente, ho cercato di non eccedere, di non criminalizzare il singolo, di riconoscere perfino a Bersani la nobiltà di chi, con grande senso di responsabilità, cercava di costruire un governo dialogando con i grillini, cioè con coloro che lo attaccavano pesantemente e lo ridicolizzavano costringendolo pure ad una diretta streaming imbarazzante, a tratti umiliante. Appariva romanticamente fragile nel suo resistere alle pressioni di chi (Renzi e Franceschini su tutti) spingeva verso l’alleanza promiscua con il Pdl.
Lo avevamo elogiato, consapevoli della sua debolezza manifesta, rendendogli l’onore delle armi, quasi ringraziandolo di averci almeno provato e di averci messo la faccia nonostante l’evidente difficoltà. Oggi dovremmo denunciarlo. Per truffa politica (se esistesse tale reato), oltre che per incapacità tangibile. Pierluigi Bersani ha dimostrato di essere un uomo grigio, un ipocrita che, mentre giocava a far la vittima, a far l’ostaggio di un Grillo ostinato, tramava nell’ombra. Distraeva le masse con un copione melodrammatico, mentre preparava l’agguato finale alla storia della sinistra. E non lo consoli nemmeno l’ipotesi, ventilata da qualche parte, che in realtà lui sia solo l’esecutore o la vittima di disegni altrui, perché tra furfante e burattino difficile dire cosa sia più penoso. Ha fallito. Ha decretato la fine di un partito, la conclusione della sua personale storia politica, il disfacimento di una sinistra che da oggi si trova spaesata, priva di un riferimento vero e in una condizione che preoccupa tutti coloro che appartengono a quest’area. Compreso chi non ha votato Pd.
Lascia qualche speranza il moto di indignazione di molti militanti del Pd, le occupazioni delle sedi, il rogo o lo strappo delle tessere, le contestazioni, ma il problema è che tutta questa gente domani non avrà più chi la rappresenterà. Perché il gruppo dirigente che ha affossato il centrosinistra (che di sinistra ha davvero poco) è talmente ottuso e squallido da non avere avuto nemmeno la dignità di dimettersi subito. Il segretario ha dovuto aspettare una seconda figuraccia per annunciare il suo atteso addio. E Renzi? Se pensate sia il nuovo da sostenere, sappiate che state commettendo un altro errore. Renzi è un conservatore dai capricci infantili e dalle idee che puzzano di naftalina: l’antitesi del cambiamento. Da buon democristiano tesse la tela e si muove tra confini pericolanti con sconcertante disinvoltura, sfruttando la scarsa memoria e la poca lucidità degli italiani. Il sindaco di Firenze ha urlato contro l’accordo Bersani-Berlusconi per il Quirinale: ma c’è qualcuno che possa ricordargli che lui, fino a pochissimi giorni fa, premeva per un governissimo Pd-Pdl? Ci sono pulpiti da cui la predica proprio non la si può far arrivare.
Detto questo, ad irritare il popolo di sinistra, che ora vorrebbe veder scomparire per sempre dalla scena politica l’attuale classe dirigente del Pd (altro che dimissioni), è stata l’assoluta indisponibilità di Bersani e soci ad ascoltare la gente, la loro gente, i loro tesserati. In un sol colpo, oltre a perdere quel briciolo di dignità che avevano, hanno smarrito definitivamente il consenso popolare, si sono condannati ad una fine senza possibilità di ritorno, hanno rinvigorito Berlusconi (che, non lo hanno ancora capito, ma è più abile e furbo di loro), hanno fatto fare un figurone a Grillo e al suo movimento, hanno consegnato l’Italia alla destra per chissà quanti anni. Soprattutto hanno polverizzato la sinistra. Eppure hanno mostrato a tutti di non accorgersene. Hanno continuato ad accampare scuse, a sorridere in pubblico, ad abbracciare vergognosamente il nemico. Sì, nemico, perché personaggi come Alfano o Berlusconi non sono avversari. Sono aguzzini della democrazia che vanno combattuti e a cui va impedito di tornare al potere, per non ripetere il copione di un Paese che crolla sotto i colpi di un sistema perverso e corrotto, al servizio di un capo e dei suoi sporchi interessi.
Il gruppo di comando del Pd, guidato da una cricca di imbecilli o di marpioni (decidete voi a chi affibbiare il marchio più adatto) come Bersani, Enrico Letta, Bindi, D’Alema, Fassina, Veltroni, ha tradito il popolo. Lo ha fatto nel modo più sporco, più vigliacco. Non ci sarà mai modo di redimersi. Se non sparendo del tutto, ritirandosi a vita privata. Hanno giocato con l’intelligenza degli italiani. Hanno inseguito l’accordo con i 5 Stelle per quasi due mesi e, una volta che Grillo si era finalmente detto disponibile ad un dialogo e perfino ad una forma di governo, in cambio della scelta al Quirinale di un uomo prestigioso, serio e apprezzato come Rodotà, loro cosa fanno? Si accordano di notte con Berlusconi e Monti. Perché? Se lo chiedono tutti. Me lo chiederebbe anche quel bambino a cui dovrei spiegare ogni cosa con calma. Perché? Per non essere ostaggio di Grillo, ha timidamente fatto intendere qualcuno. Risposta sbagliata. Surreale. Qualche altro sostiene che forse sono ostaggio di Berlusconi. Anche questa risposta è sbagliata. Ma solo in parte.
Quella giusta, a mio avviso, è che l’attuale gruppo dirigente del Pd è ostaggio di sé stesso, dei propri interessi privati, della propria paura di non sopravvivere, di dover lasciare ad altri, di finire sotto i colpi dei rottamatori, interni e soprattutto esterni. E allora, in mezzo al campo minato delle loro paure, cercano di stare vicini a quelli che conoscono meglio, agli avversari di tante battaglie. Che alla fine un modo per mettersi d’accordo lo si trova. Poi fa comodo tenere in vita Berlusconi. Ha sempre fatto comodo. Per questo è stato salvato più volte. È un ottimo collante nei momenti di frammentazione, soprattutto quando manca un progetto concreto di cambiamento (cioè sin dalle origini), quando ci si limita ad una unità finalizzata alla gestione del potere e delle sue tante ramificazioni. Peccato che ci sarà ben poco da compattare in un partito liquefatto, destinato ad essere smaltito nei vari bidoni della raccolta differenziata della politica.
C’è poco da fare. Anche questa volta hanno sbagliato i calcoli. L’inciucio non va più di moda perché la gente è cambiata. La base si ribella, il terreno non è più plasmabile come un tempo. Per tale motivo, Bersani è i suoi non hanno più una via di uscita. Questo è stato il loro ultimo atto, indipendentemente dall’esito delle votazioni per il Quirinale e già prima delle dimissioni, che erano inevitabili. Il Pd è finito. I suoi vertici sono rimasti ostaggio di sé stessi e si sono eccitati a pensarlo. Affetti da una insolita sindrome di Stoccolma. Quella autoindotta.
Massimiliano Perna –ilmegafono.org
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