La caduta della dinastia Assad rimette in discussione l’assetto geopolitico del Medio Oriente, ma l’instabilità mediorientale non è certo una novità. Da decenni, la regione è caratterizzata dalla volatilità delle alleanze: dei tempi dei nazionalisti laici panarabi non resta ormai quasi nulla. Proprio la fine del potere degli Assad chiude la storia del Baath, il partito panarabo radicato in Iraq e Siria che avrebbe dovuto modernizzare questi Paesi, perseguendone gli interessi nazionali dopo l’epoca coloniale. In realtà, entrambi i governi del Baath divennero macchine di corruzione e repressione, al servizio della famiglia Assad in Siria e di Saddam Hussein in Iraq. La loro agonia ha trascinato i due Paesi in lunghi conflitti, non solo intestini ma anche con altri Stati, con la partecipazione diretta di potenze mondiali e regionali, e ha favorito l’affermazione dell’“asse sciita” con a capo Teheran.

Così viene chiamato il lungo corridoio geografico costruito pezzo su pezzo dall’Iran che, passando attraverso Iraq e Siria, si estende dallo Yemen fino al Libano e al Mediterraneo: una novità per il mondo musulmano dove gli sciiti, anche se maggioranza in due Paesi importanti come Iraq e Iran, sono stati quasi sempre marginali negli equilibri regionali. L’ultima “acquisizione” dell’Iran era stata l’intestazione della lotta di liberazione palestinese, ottenuta offrendo supporto ad Hamas, emanazione sunnita dei Fratelli Musulmani egiziani, che pure sono teoricamente nemici di Teheran. Ed è stata forse quella mossa politica, potenziata dalla strage del 7 ottobre, che ha spinto Israele non soltanto a prendere il controllo di Gaza, con una rappresaglia che si è trasformata in una delle più grandi carneficine di innocenti degli ultimi decenni, ma anche a intraprendere una serie di azioni volte a scardinare l’asse sciita. Prima colpendo militarmente Hezbollah in Libano, e cioè la lunga mano di Teheran ai confini settentrionali del Paese, poi favorendo la conclusione della guerra civile in Siria, durata quasi 15 anni.

L’offensiva lampo condotta dal gruppo salafita Hayat Tahrir al-Sham, già parte della rete di al-Qaeda e fortemente dipendente dalla Turchia, è stata preparata per tempo. In parte sfruttando il ritorno in Libano di molti combattenti di Hezbollah, che in precedenza operavano in Siria, e il richiamo dei soldati russi spediti al fronte ucraino, in parte intessendo un grande accordo politico per il dopo-Assad. Accordo al quale hanno partecipato Turchia, USA e Arabia Saudita.

Non era mai accaduto, nelle passate rivolte e rivoluzioni mediorientali, che il primo ministro del regime sconfitto non solo non fosse giustiziato, ma addirittura conservasse il proprio ruolo ad interim fino alla nomina del suo successore, come accaduto in Siria a Mohammed Ghazi al-Jalali. Già nei video dell’assalto alla dimora di Assad si può cogliere una netta differenza con altre situazioni analoghe: abiti e suppellettili vengono rimossi quasi con delicatezza, senza nemmeno sporcare il pavimento. Come se tutto fosse stato ben organizzato, comprese le rassicurazioni a cristiani e alauiti sul rispetto delle minoranze. E a una regia attenta fanno pensare anche la copertura aerea statunitense che ha supportato l’offensiva dei ribelli e i blitz di quella israeliana, che prima ha colpito le basi di Hezbollah in Siria e poi i luoghi più intimi e rappresentativi del potere degli Assad, a dimostrarne la vulnerabilità.

Per la Russia e l’Iran è stata una sconfitta senza mezzi termini. Gli interessi di Mosca ora si riducono al mantenimento della base militare di Tartus, per l’Iran invece l’insediamento di un governo ostile in Siria compromette la strategia libanese e, di conseguenza, anti-israeliana. I siriani oggi festeggiano la caduta del regime criminale di Assad, ma il loro futuro è ancora incerto. Joe Biden può mettersi una medaglietta al petto, Israele ottiene una vittoria sull’Iran, la Turchia assume un ruolo ancora più importante in Medio Oriente e nel Mediterraneo. Questo il bilancio di un’offensiva durata solo 12 giorni ma che inciderà a lungo sugli equilibri di tutta la regione.

Alfredo Luis Somoza -ilmegafono.org