L’omicidio del rampollo della ‘ndrangheta Antonio Bellocco, compiuto per mano del “compagno di fede” interista Andrea Beretta (storico capo della Curva Nord nerazzurra) e avvenuto soltanto qualche settimana fa, non è stato un caso eccezionale. Al contrario, oggi possiamo interpretarlo a tutti gli effetti come una specie di avvisaglia di qualcosa che stava per esplodere (e che poi è effettivamente esploso). Qualcosa di molto più grande e nascosto che vede protagoniste, ancora una volta, le curve di due delle squadre più importanti del calcio italiano. Lo scorso lunedì, infatti, la Polizia e la Guardia di Finanza di Milano hanno effettuato 19 arresti tra le fila del tifo organizzato delle curve di Inter e Milan (tra tutti, spiccano i nomi di Marco Ferdico e Luca Lucci, capi, rispettivamente, della curva interista e milanista). Secondo gli inquirenti, nonostante la presenza di due direttivi distinti, in realtà dietro vi sarebbe stata un’associazione unica, legata a doppio filo da interessi comuni quali il controllo totale su business chiaramente criminali e il relativo guadagno economico.

Le accuse per gli arrestati includono vari reati, tra cui estorsione sulla vendita dei biglietti delle partite e l’imposizione di un vero e proprio racket sui parcheggi attorno al Meazza, oltre alla creazione di “cartelli” tra ultrà nerazzurri e rossoneri sulla vendita delle bibite e dei gadget allo stadio. La coalizione tra due curve così distanti in termini calcistici non è certo una novità: sono tante, infatti, le foto che ritraggono i direttivi di entrambe le fazioni insieme a cena o addirittura su un campetto di calcio. A ciò si aggiunga l’esistenza di un patto di non belligeranza tra le due fazioni che va avanti ormai da diversi anni. A dimostrazione di come il calcio, quello vero, passi semplicemente in secondo piano. A confermarlo, tra l’altro, è lo stesso Beretta il quale, in un’intercettazione che lo vede protagonista insieme a un altro storico ultras, Renato Bosetti, afferma che a lui della “mentalità” o “dello striscione” di turno non interessa assolutamente nulla, perché, dice, “la mia vita gira intorno al guadagno”. Insomma, quando si tratta di gonfiare le proprie tasche, “fede” e “amore” per la propria squadra sembrano concetti distanti, praticamente inesistenti.

C’è poi un altro tema da considerare ed è il legame sempre più stretto tra ultras e criminalità organizzata che proprio queste recenti indagini stanno cercando di approfondire. Entrambe le curve, infatti, specialmente quella nerazzurra, hanno avuto già in passato contatti con la ‘ndrangheta e, visti i recenti fatti, questi sembrano tuttora molto attivi e presenti. La dimostrazione più evidente è proprio la scalata ai vertici più alti della frangia interista dello stesso Bellocco, erede di una delle famiglie più potenti della criminalità calabrese e ucciso, come già accennato, dal collega di fede calcistica Beretta. Se è vero che il terremoto giudiziario che si è abbattuto sulle curve è appena iniziato, sono già molte le criticità emerse in questi giorni, tra cui le forti pressioni esercitate sia sul Milan che sull’Inter, al tempo stesso vittime e complici di veri e propri collettivi criminali.

Uno fra tutti è sicuramente il caso dei biglietti assegnati ai tifosi interisti prima della finale di Champions League del 2023 contro il Manchester City: Ferdico, allora capo della curva, avrebbe addirittura contattato l’allenatore dell’Inter, Simone Inzaghi, “chiedendo” di fare pressioni all’interno della società affinché ne venissero distribuiti in quantità maggiore, ricevendo, cosa forse ancor più grave, totale disponibilità. Che sia stata una richiesta genuina, frutto di un amore talmente forte verso i colori della propria squadra? Onestamente riesce parecchio difficile crederlo… Alla luce di tutto ciò, sono tante le domande che restano ancora irrisolte: come è possibile, infatti, che associazioni di tifosi violenti siano in grado di spadroneggiare e addirittura esercitare un potere così esteso su società di un certo calibro? E se è vero che dietro questi tifosi si nasconde la criminalità organizzata, perché non è stato fatto praticamente nulla e non sono state avanzate denunce?

D’altro canto, di casi del genere il “pallone” italiano è pieno e negli ultimi anni la situazione non è affatto migliorata. Tra i tanti, come non citare quello di Fabrizio Piscitelli, detto “Diabolik”, storico ultras della Lazio ucciso in pieno giorno nel Parco degli Acquedotti di Roma, con un colpo di pistola. Piscitelli, tra le altre cose, avrebbe provato persino ad acquisire la società biancoceleste in collaborazione con un’azienda ungherese, dopo che egli stesso avrebbe minacciato di morte l’attuale patron, Claudio Lotito. E poi c’è proprio il milanista Lucci, già condannato per aggressione a un tifoso interista e coinvolto in inchieste sul traffico di droga e oggi, finalmente, arrestato. Infine, un altro caso che al tempo fece scalpore, quello dei “Drughi” della Juventus, storico collettivo ultras che avrebbe messo sotto pressione l’allora dirigenza bianconera (l’unica, a oggi, ad aver denunciato gli ultras e collaborato con la giustizia) e al cui interno gravitavano anche esponenti della ‘ndrangheta molto interessati ad attività di bagarinaggio.

Insomma, qualora ce ne fosse bisogno, appare evidente come ciò che ruota attorno al calcio, e in particolare alle curve, in Italia, sia ormai sempre più marcio e influenzato da interessi e attività criminali. Mentre in tutti questi anni ci si è concentrati principalmente sull’aspetto “tecnico” e qualitativo del prodotto calcio, dall’altra parte bisogna fare i conti con una realtà che va al di là del mero sport o dell’intrattenimento. Considerando anche il fatto che un prodotto in cui i casi di malaffare sono frequenti e in cui la mafia fa affari alla luce del sole, difficilmente riesce a essere venduto. Quel che preoccupa maggiormente, comunque, non è solo la carenza di azioni restrittive (spesso inefficaci o comunque limitate), bensì il silenzio più o meno totale di una politica praticamente assente. Una politica molto attiva e accesa quando si tratta di questioni che mirano alla pancia della gente (con riforme e decreti al limite dell’anticostituzionale), ma che poi dimentica troppo spesso i problemi reali di questo Paese.

La criminalità organizzata all’interno del calcio non è certo una novità: perché, quindi, non se ne parla? Perché nessuno è in grado di osservare in faccia la realtà e di proporre, una volta per tutte, una vera lotta contro un parassita tanto potente? Invece di occuparsi di Federazione e di riforme (alcune delle quali peraltro prevederebbero l’ingresso dei tifosi nelle società…), perché non mettere come priorità quella di ripulire il tifo organizzato dai criminali e di recidere gli eventuali rapporti con tesserati o la loro influenza sulle società sportive? Si parla spesso (ma mai troppo) di lotta alla criminalità in molti altri settori: forse vuol dire che il calcio non è poi così importante? Eppure è una delle “aziende” che fattura maggiormente in Italia (quasi 4 miliardi), a dimostrazione che si tratta di una forza importante del tessuto socio-economico italiano.

Può darsi, quindi, che si tratti di pura omertà? Che colpire il calcio significherebbe colpire potenziali elettori e, quindi, interessi contigui spesso loschi e per niente leciti? Tra l’altro, proprio in occasione di quest’ultima indagine, nel registro degli indagati sarebbe spuntato anche il nome di Manfredi Palmeri, consigliere regionale lombardo di centrodestra e consigliere comunale di Milano, con l’accusa “di corruzione tra privati in una tranche per i suoi rapporti con un imprenditore interessato a garantirsi l’aggiudicazione dell’appalto” per i parcheggi dello stadio di San Siro. Come si suol dire: al peggio non c’è mai fine. Siamo quindi di fronte all’ennesimo caso in cui la criminalità organizzata è riuscita ad entrare a far parte di un sistema lucrativo e molto profittevole. D’altronde, non si poteva pensare che il calcio, così popolare in Italia, fosse totalmente immune a un male tanto viscerale e radicato.

Giovanni Dato – ilmegafono.org