Nel 2003, Boris Johnson, futuro primo ministro inglese, era un semplice deputato ed era il direttore di “The Spectator”, uno dei settimanali più antichi del mondo – fu pubblicato per la prima volta nel luglio 1828 – e da sempre la roccaforte del pensiero politico del Partito Conservatore nel Regno Unito. Nel settembre di quell’anno lui e il collaboratore per “La Voce di Romagna”, Nicholas Farrell, si presentarono nella tenuta del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in Sardegna per un’intervista che fece il giro del mondo: in quella “chiacchierata” il Cavaliere si lanciò in una durissima requisitoria contro i magistrati definendoli “matti” perché “per fare quel lavoro devi essere mentalmente disturbato, devi avere delle turbe psichiche. Se fanno quel lavoro è perché sono antropologicamente diversi dal resto della razza umana”. Qualche anno dopo, nell’estate del 2008, ancora Silvio Berlusconi, invitato all’assemblea di Confesercenti, ribadì l’accusa dichiarando che “i giudici ideologizzati sono una metastasi della democrazia”. Per chiarire meglio il concetto aggiunse che “la democrazia è a rischio, il Paese è in libertà vigilata, in mano a giudici ideologizzati che cercano di sovvertire la democrazia”.

Difficile dimenticare oggi quelle parole. Il 26 marzo 2024, infatti, il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo in tema di ordinamento giudiziario che dà il via libera ai test psico-attitudinali che dovranno valutare la personalità dei candidati per l’accesso alla professione di magistrato a partire dal 2026. La commissione giudicante sarà composta da docenti universitari in materie psicologiche, nominati dallo stesso Consiglio Superiore della Magistratura, e il colloquio avverrà prima della prova orale a cui si potrà accedere solo dopo aver superato la prova scritta. La presenza di uno psicologo durante il colloquio avrà solo la funzione di un “ausilio formale” per la commissione che, al termine di tutte le prove, valuterà l’idoneità del candidato. Una decisione che, inevitabilmente, apre la strada a molte riflessioni: giuridiche, costituzionali e politiche.

Dal punto di vista costituzionale e giuridico è doveroso ricordare che è la Costituzione stessa a stabilire che l’ingresso in magistratura avvenga solo per concorso, per garantire autonomia e indipendenza anche verso il potere esecutivo. Agire e legiferare per decreto, scavalcando il ruolo del Parlamento, rappresenta allora una prova di forza del potere esecutivo su quello giudiziario. Questo si verifica solitamente quando le democrazie attraversano una profonda crisi di identità: il governo Meloni dimentica, o ignora volutamente, le procedure di infrazione che l’Europa ha aperto nei confronti di Paesi come l’Ungheria e la Polonia proprio per questa ragione. C’è poi un aspetto tecnico ma che potrebbe definirsi anche “scientifico”: chi sceglie gli esaminatori e quali possono essere i criteri per la scelta? E, infine, con quali criteri si stabilisce chi è in grado di esercitare la professione di magistrato? Quali fattori caratteriali possono essere indicati adatti o inadatti? Il governo ritiene che la decisone debba essere vista come una maggior tutela per la vita delle persone quando si affida alle mani di professionisti: dal medico all’avvocato, dai politici alle forze dell’ordine…

Merita considerazione e apprezzamento la riflessione pubblica che il Procuratore Generale di Napoli, Nicola Gratteri, ha rilasciato a margine di una conferenza stampa. Gratteri si è detto favorevole, ma ha proposto anche i test anti droga e gli alcol test per i politici e i vertici delle pubbliche amministrazioni: “Già che ci siamo propongo di fare dei narco test per i politici, soprattutto per quelli che hanno incarichi di governo, anche regionali e comunali, perché chi è sotto cocaina può prendere decisioni alterate e essere sotto ricatto. E già che ci siamo proporrei anche l’alcol test, perché se qualcuno magari quel giorno è ubriaco può dire o fare sciocchezze che possono condizionare in negativo l’opinione pubblica”. 

Una provocazione, quella di Nicola Gratteri, estremamente intelligente e lucida. Appare infatti evidente, come ribadito anche dal presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, “lo scopo di creare una suggestione nell’opinione pubblica sui magistrati che hanno bisogno di un controllo psichico”. Lo stesso Santalucia ha poi ricordato come, già in passato, l’ex guardasigilli Roberto Castelli aveva provato a introdurre la stessa norma e che 170 psichiatri firmarono la loro contrarietà. Estremamente risentita la risposta del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che ha parlato espressamente di polemiche sterili: “Sui test non c’è un’invasione di campo da parte del governo nei confronti della magistratura. Non vi sono interferenze da parte del governo. Non c’è nessun vulnus, nessuna lesa maestà. L’esame psico-attitudinale è previsto per tutte le funzioni più importanti del Paese: medici, piloti d’aereo, forze dell’ordine”.

Un’osservazione particolare si rende però necessaria su quest’ultima affermazione. Alla luce dei recenti e frequenti episodi che vedono coinvolte le forze dell’ordine in atti che feriscono e umiliano la dignità delle persone, dai fatti di Genova nel 2001 ai giorni nostri, passando per Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi, fino ai fatti della Caserma di Piacenza e di Verona, solo per restare negli ultimi decenni, il ministro Nordio non ritiene che forse qualcosa non funziona nel meccanismo atto a valutare le capacità caratteriali di chi svolge quelle professioni? Come sono state valutate le capacità di gestione delle situazioni, l’autocontrollo e la lucidità nell’impartire ordini, che hanno portato troppe volte le forze dell’ordine di questo Paese sulle prime pagine dei giornali e nelle aule dei tribunali?

Ogni volta, di fronte a queste situazioni, si è parlato di “pecore nere”. Ma quelle pecore nere sono parte di un gregge e qualcuno le ha valutate idonee e messe in condizione di agire. Se i risultati sono questi, forse molto più di qualcosa non ha funzionato. E il dito, in questo caso, non è puntato solo sui singoli ma sull’intera catena di comando, fino al gradino più alto della gerarchia. Poi ci sarebbe il discorso sulla politica, ma il ministro Nordio e l’intero governo non hanno raccolto o capito il suggerimento del procuratore Gratteri: i primi a cui i cittadini affidano la propria vita sono proprio i politici. Perché allora non valutare a priori l’idoneità caratteriale e psichica di chi esercita quel potere esecutivo che la carta costituzionale gli assegna?

L’attuale ministro della Giustizia, Carlo Nordio, è un ex magistrato. Nel corso della sua carriera ha ricoperto ruoli mai marginali: si è occupato di terrorismo, di inchieste a carico della Pubblica Amministrazione e della politica. Molti ricordano le sue polemiche e i suoi attacchi nei confronti del pool di Milano guidato da Saverio Borrelli ai tempi dell’inchiesta “Mani Pulite”. Non è un principiante del ministero della Giustizia: nel corso della XIV legislatura – governo Berlusconi – il Ministro Roberto Castelli istituì una Commissione ministeriale per la modifica del codice penale e a presiedere quella commissione venne chiamato Carlo Nordio. Ora, da ministro, ritiene che la carriera di un magistrato possa essere decisa da un questionario di centinaia di domande a cui dover rispondere solo con un “sì” o con un “no”? Perché il test psicometrico Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI), considerato da Nordio il modello dei test psico-attitudinali, questo è (leggi qui).

Lo scontro tra politica e magistratura in Italia va avanti da decenni, senza soluzione di continuità. Oggi ritorna in un momento in cui molte leggi assurde vengono smontate da giudici liberi e indipendenti (vedi Catania, Brindisi, Ragusa sul decreto Piantedosi e soccorsi in mare). Pensare che la personalità e i tratti caratteriali di un giudice possano essere misurabili in questo modo non è accettabile in una democrazia, a meno che qualcuno fra i banchi del potere non pensi veramente che la vita dei cittadini e l’amministrazione della giustizia debbano essere affidati ad un algoritmo.

Maurizio Anelli -ilmegafono.org