“Dai campi ai supermercati, l’agroalimentare è diventato un settore prioritario di investimento della malavita con un business criminale che ha superato i 25 miliardi di euro sul territorio nazionale, con la criminalità spicciola che in Puglia è divenuta la ‘porta d’ingresso’ principale nella vita imprenditoriale degli agricoltori”. È questo l’allarme lanciato il 9 giugno 2023 da Coldiretti Puglia e dall’Osservatorio sulla criminalità in agricoltura e sul sistema agroalimentare, nel corso di una conferenza presso il Castello Svevo di Bari, sul tema “Le minacce della criminalità sull’agroalimentare in Puglia”. All’incontro ha partecipato anche il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, il quale, durante il suo intervento ha richiesto, in modo fermo, di sostenere le forze dell’ordine dello Stato nella sorveglianza delle aree non urbane, organizzandosi in modo capillare.
Emiliano ha definito l’impegno di Coldiretti fondamentale anche per organizzare le vittime potenziali di reati nelle campagne, anche attraverso una raccolta delle denunce dei fatti, pure i più piccoli. Senza denunce, sostiene il presidente della Regione, si può instaurare un clima di intimidazione generale che alimenta la capacità di assoggettamento criminale. Ma in che modo la mafia pugliese mette mano al settore agroalimentare? Lo spiega il sostituto procuratore nazionale antimafia, Giuseppe Gatti: attraverso il racket, le estorsioni, le razzie dei campi, i furti di attrezzature, il caporalato e l’imposizione di servizi di trasporto o di guardiania, il danneggiamento delle colture, le minacce agli agricoltori, la “voracità assassina” con la quale vuole impossessarsi delle terre. Del resto, il settore agroalimentare è strategico per una regione come la Puglia e proprio per questo fa gola alle organizzazioni criminali, da Foggia a Bari, da Taranto a Lecce.
La situazione che preoccupa maggiormente è quella del territorio di BAT (Barletta, Andria e Trani). provincia di confine colonizzata dai clan baresi e dalla società foggiana. Il lavoro di Coldiretti, secondo Emiliano, è dunque encomiabile e ricorda anche figure di riferimento della giustizia pugliese come il dott. Cataldo Motta, che il presidente definisce come uno dei suoi maestri. “Motta – continua Emiliano – era al lavoro contro la mafia quando tutti dicevano che la mafia in Puglia non esisteva”. Anche il cardinale Ernesto Ruffini, arcivescovo di Palermo, negli anni Sessanta affermava la stessa cosa: “La mafia in Sicilia non esiste, è solo una invenzione dei giornali”. Eppure le mafie c’erano un tempo e ci sono ancora oggi. E mettono le mani ovunque. In Sicilia come in Calabria, in Puglia come in Campania, in Emilia Romagna come in Lombardia. Sul sito del Quotidiano di Puglia, il 7 maggio 2023, Cataldo Motta racconta la sua storia di magistrato e la storia delle mafie pugliesi, che ha combattuto e che continua a combattere. Ne immagina il futuro. Un futuro destinato alla lotta, sempre e comunque, con il male “incurabile”: tesi che ha sempre affermato e che rimane un punto fermo anche adesso.
“L’agricoltura pugliese è particolarmente appetibile – ha affermato Savino Muraglia, presidente Coldiretti Puglia – perché rappresenta una grande realtà economica e sociale intorno alla quale si sviluppa un notevole indotto”. Le mafie comprendono la strategicità del settore in tempo di crisi economica perché – sottolinea la Coldiretti – “consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la vita quotidiana delle persone. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy”. E quindi masserie, pozzi e strutture vengono letteralmente depredati, chilometri e chilometri di fili di rame, letteralmente volatilizzati – segnala sempre Coldiretti Puglia – lasciando le imprese senza energia elettrica e possibilità di proseguire nelle quotidiane attività imprenditoriali.
A tutto ciò si aggiungono furti di prodotti in campo e delle piantine resistenti a xylella appena messe a dimora, taglio di ceppi di uva da vino Primitivo, di uva da tavola e tiranti di tendoni, sabotaggi di cantine, taglio e furti di ulivi secolari. Questi e altri sono solo alcuni degli atti criminosi a danno degli agricoltori negli ultimi anni, secondo la Procura Nazionale Antimafia. Le campagne, sostanzialmente, sono in balia di gruppi della criminalità organizzata e delle agromafie che fanno il paio con le ecomafie e non si fermano, vanno avanti in modo tentacolare. L’agricoltore, soprattutto in questo momento storico, merita maggiore attenzione perché il suo lavoro è essenziale e indispensabile per la sopravvivenza dell’umanità tutta. Trascurare questa porzione di lavoratori o piccoli imprenditori è un’ingiustizia grave e pericolosa. Non possiamo permetterlo, non possiamo dare in pasto alle mafie le nostre terre, il sudore dei lavoratori e i frutti della terra che creano benessere e ricchezza.
Lo scrittore Giorgio Bassani scriveva: “Ci guardiamo bene dal sognare che l’Italia e il mondo tornino indietro, verso la civiltà agricolo-forestale da cui tutti proveniamo. Vogliamo però che la civiltà tecnologico-industriale, di cui facciamo parte, la smetta di tentare di convincere il mondo che è opportuno l’avvento di un’epoca di consumatori-consumati. Noi siamo diversi, vogliamo che gli uomini continuino a essere uomini”. Proprio per continuare ad essere uomini non possiamo rimanere inermi di fronte ai soprusi, di fronte alla violenza mafiosa, di fronte alle minacce, di fronte alla disumanità.
Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org
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