Angelo Sicilia, il “puparo” siciliano antimafioso, è stato aggredito sabato scorso durante un suo spettacolo a Termini Imerese (PA). Sicilia, da tempo molto attivo nella diffusione della cultura antimafia attraverso i propri spettacoli, è anche l’ideatore del ciclo epico “I Pupi dell’Antimafia”, una serie di rappresentazioni in cui i personaggi che hanno lottato contro cosa nostra prendono il posto dei noti cavalieri francesi e diventano a tutti gli effetti i protagonisti delle storie. Proprio la settimana scorsa, Angelo Sicilia si trovava in provincia di Palermo per rappresentare la storia dedicata a don Pino Puglisi, prete siciliano ucciso a Brancaccio nel 1993 per mano mafiosa. Durante lo spettacolo, però, un uomo sulla cinquantina sarebbe salito sul palco, attaccando verbalmente il puparo e poi distruggendo persino due microfoni. Il gesto, che a oggi non ha nessun movente ufficiale né una vera e propria spiegazione, non ha impedito il prosieguo dello spettacolo, conclusosi soltanto grazie all’intervento delle forze dell’ordine, che hanno prima portato via l’uomo e poi messo a tacere gli insulti da parte dei familiari dello stesso.

Un vero e proprio attacco mirato, insomma, nei confronti di un artista la cui unica “colpa” è quella di onorare la memoria delle vittime di mafia attraverso le marionette, il teatro, la creatività. La vicenda, ovviamente, non è passata inosservata. La “Rete per la promozione della cultura antimafia nella scuola” ha subito espresso supporto e solidarietà all’artista: “Conosciamo bene il lavoro svolto in questi anni da Angelo Sicilia – si legge nel comunicato – che, nelle nostre scuole, ha contribuito alla promozione della cultura antimafia rinnovando, con grande impegno, il linguaggio artistico dei pupi siciliani”. “È inaccettabile – prosegue il comunicato – che l’azione militante e l’attività professionale di un intellettuale, che ha investito sull’opera dei ‘pupi antimafia’, possa essere oltraggiata in questo modo: questa vicenda dimostra che bisogna continuare a lavorare con grande impegno per bonificare il terreno su cui attecchisce la cultura mafiosa”. La speranza è che lo stesso Sicilia non si faccia intimidire da gesti tanto meschini, “anche perché continuerà a trovare le porte aperte nelle nostre scuole”. Solidarietà è stata espressa anche dalla comunità di Termini Imerese, come ha sottolineato lo stesso puparo.

Se non ci trovassimo in Sicilia e, soprattutto, se non ci trovassimo in una terra segnata tragicamente dalla mafia, si potrebbe pensare a uno squilibrato che aveva voglia di disturbare o, magari, di rovinare la serata all’autore e agli spettatori. Purtroppo, però, il contesto della vicenda non può che far sorgere il sospetto che il gesto possa avere altre connotazioni. Quale altro motivo potrebbe avere una persona incensurata (almeno fino a oggi) per aggredire un artista nel pieno di una performance teatrale? E cosa c’è dietro un gesto tanto eclatante quanto propriamente mafioso nei modi e nell’esecuzione se non un’affinità con lo stesso ambiente criminale? Cosa gli dava fastidio dello spettacolo dedicato a don Puglisi? Queste sono solo supposizioni, certo, e potrebbero a molti sembrare superficiali e azzardate. Chi vive o ha vissuto in Sicilia, però, sa bene che certi atteggiamenti, certi eventi non sempre accadono per caso.

Chi ha vissuto questa terra sa che parlare di mafia può non piacere a tutti e che, a volte, può portare persino a conseguenze pericolose. La storia ce lo insegna, d’altronde. Magari non è mafiosa la trama, ma è mafioso il contesto culturale che porta una persona a insultare chi ha scelto di far parlare i pupi della vicenda di un prete coraggioso, ucciso perché sottraeva “materiale umano” a cosa nostra, sfidandola apertamente sul terreno della giustizia sociale e della libertà dal cappio dell’emarginazione. Sebbene si siano fatti passi da gigante nella cultura antimafiosa e sebbene la gran parte dei cittadini ripudi le mafie, ci sono ancora fette di popolazione per le quali la mafia è intoccabile, non va criticata, non va derisa. Angelo Sicilia non è certamente il solo a dover fare i conti con una mentalità del genere, ma quando a essere colpita è l’arte nella sua forma più pura e innocente, significa che qualcosa non sta funzionando e si sta smarrendo per strada. Ed è un rischio che la Sicilia e il nostro Paese non possono permettersi. 

Anche per rispetto di quelle persone che lo stesso “puparo” cerca di rappresentare e di onorare attraverso le proprie mani, la propria voce e la propria arte. L’aria che si respira attualmente, nel nostro Paese, sembra essersi fatta più cupa e pesante. La speranza è che si tratti solo di una fase. E speriamo che si accerti con rigore quello che è accaduto, in modo che Angelo Sicilia possa svolgere il proprio lavoro e rappresentare la propria creatività nella libertà più assoluta e senza subire insulti e aggressioni.

Giovanni Dato -ilmegafono.org