Tra il 2020 e il 2021 l’Emilia Romagna è stata la terza regione italiana per consumo di suolo, con circa 658 ettari cementificati in un solo anno, pari al 10,4% del consumo di suolo nazionale. Basterebbe questo per spiegare perché l’alluvione dello scorso 18 maggio in Emilia abbia causato danni così gravi e terribili, con 15 vittime e oltre 20mila sfollati. Una tragedia ampiamente annunciata, frutto naturalmente del disinteresse della politica per l’emergenza climatica. Come ricorda Tommaso Montanari sul “Fatto quotidiano”, già nel 2017 un gruppo di urbanisti, territorialisti, giuristi e storici denunciò in un libro la cattiva gestione del governatore Stefano Bonaccini rispetto al consumo di suolo nella regione.
Nel testo “Consumo di suolo. Regresso neoliberista nel disegno di legge urbanistica dell’Emilia Romagna”, si sosteneva che la normativa definita “contro il consumo di suolo” in realtà favoriva la cementificazione. Della stessa opinione era l’associazione Italia Nostra che nel 2018 accusava la legge di “sottrarre ai poteri pubblici la possibilità di regolare, con il pretesto di un minor consumo di suolo, demandando ai privati la possibilità di trasformare le città, con i Comuni disarmati”.
“In particolare, il piano urbanistico sarà di fatto sostituito da accordi operativi, il consumo di suolo sarà garantito per un altro 3% della superficie edificata, pari a centinaia di chilometri quadrati di nuova edificazione; il tessuto delle città storiche potrà essere interessato da demolizioni; la semplificazione riguarderà solo i grandi operatori generando un doppio regime normativo”, aggiungeva Italia Nostra. Il risultato di questa “deregolamentazione” sfrenata, unito al maltempo causato dagli effetti della crisi climatica, oggi è sotto gli occhi di tutti. “Il dolore per le vittime dell’alluvione – sottolinea Greenpeace in una nota – si appesantisce per la rabbia di un evento ampiamente annunciato. Non si tratta solo dell’allerta meteo (che c’è stata e anche tempestiva), ma del fatto che nel corso dell’ultimo mezzo secolo fenomeni climatici sempre più estremi come questi sono stati previsti, descritti, scientificamente dimostrati. E ignorati”.
Invece di fornire soluzioni per prevenire questi eventi estremi, si è preferito “straziare” i territori con cemento e interventi invasivi. Se quindi, da un lato, è necessario riconoscere le responsabilità politiche nell’amministrazione del territorio e porre un freno al consumo indiscriminato di suolo e alla cementificazione, dall’altro lato è altrettanto fondamentale conoscere le cause dei cambiamenti climatici e approvare leggi che permettano di affrontarle e di prevenire eventi sempre più estremi. Un compito, questo, che spetta in primo luogo alla classe politica, indipendentemente dal partito di appartenenza.
Redazione -ilmegafono.org
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