“Nel 2022 per le spese militari l’Italia ha speso circa 16 miliardi di euro, pari all’1,5% del proprio Prodotto Interno Lordo (PIL). L’attuale Governo ha in previsione di portare le spese militari al 2% del PIL entro il 2028, con un aumento di spesa di circa 12 miliardi in sei anni. Lei è favorevole o contrario con questa proposta?”. È la domanda che SWG (società, nata a Trieste nel 1981, che progetta e realizza indagini di mercato, di opinione, istituzionali) ha rivolto al campione di intervistati, su commissione di Greenpeace, per realizzare un sondaggio, i cui risultati sono stati diffusi poche ore dopo la presentazione delle linee programmatiche del ministro della Difesa, Crosetto. Ebbene, più della metà delle italiane e degli italiani si dichiara contrario all’aumento delle spese militari entro il 2028. Poco meno di un quarto è favorevole, mentre il 22% risulta indeciso e preferisce non esprimersi.
Secondo quanto indicato nel sito di Greenpeace, il 53% delle persone intervistate ritiene, ancora, che “alla luce dell’attuale situazione internazionale politica ed energetica” l’Italia debba investire “esclusivamente” (27%) o “in gran parte” (26%) nella transizione energetica. Solo il 22% ritiene che il Paese debba puntare “in egual misura tra fonti fossili e transizione energetica”. Marginali le percentuali di chi vuole che l’Italia investa “in gran parte” (6%) o “esclusivamente” (3%) nelle fonti fossili. Maggioranza schiacciante anche sulla proposta di tassare al 100 per cento gli extra profitti delle aziende del gas e del petrolio e utilizzare il ricavato per contrastare il caro bollette (80%) e investire in energie rinnovabili (76%). Più di due italiani su tre (69%), inoltre, vorrebbero tassare anche gli extra profitti delle aziende della difesa. Solo il 12 per cento è contrario.
Questo sondaggio conferma che ciò di cui si preoccupa maggiormente il popolo italiano è come fermare il caro bollette e potenziare le energie rinnovabili. I risultati offrono indicazioni inequivocabili anche su come finanziare questo cambio di rotta, ovvero tassando gli extra profitti di chi sta prosperando e guadagnando da questo periodo di crisi: non solo le aziende fossili, ma anche quelle della difesa legate alla produzione e vendita di armi. La corsa agli armamenti prospettata dall’attuale governo, oltre ad essere economicamente e moralmente sbagliata, puzza di marcio. Ricorda certi periodi storici che vorremmo non si ripresentassero più, periodi storici bui, lugubri, violenti, che hanno portato a immani tragedie.
Nel 2021, un altro sondaggio commissionato sempre da Greenpeace all’istituto di ricerca YouGov, sentenziava che i cittadini dei principali Paesi produttori di armi dell’Unione Europea bocciavano le politiche di esportazione dei loro governi. La maggioranza degli intervistati riteneva che il proprio governo non teneva sufficientemente conto dei principi morali ed etici quando autorizzava l’export militare. Un giudizio condiviso dal 65% degli italiani, dal 61% degli spagnoli, dal 60% dei tedeschi e dal 53% dei francesi. Gli italiani erano quelli più contrari all’export di armi e alle spese militari. Contrarietà ribadita, se ce ne fosse bisogno, dall’ulteriore e recente sondaggio svoltosi dall’11 al 16 gennaio 2023. Il nostro Paese deve smettere di investire nelle infrastrutture fossili e nelle armi. Nessun governo al potere può non tener conto dell’opinione delle italiane e degli italiani.
Quale recondito progetto c’è dietro questo aumento delle spese militari? La difesa della Patria? La gara a chi si arma di più con altri Paesi del pianeta? Aumentare i traffici di armi? Far arricchire le industrie produttrici? Sentirsi più forti? Una spiegazione, questo governo, dovrebbe darla. Lo scrittore ed erudito Giovanni Eroli, vissuto nel XIX secolo, scriveva: “Se volete render gli uomini insolenti ingiusti prepotenti e sfrenati, date loro le armi in mano e fateli forti: non rispetteranno più nulla, e con cieco impeto calpesteranno ogni cosa anco divina che possa far contrasto a loro passioni”.
Con queste parole si può rispondere ai motivi per cui si cerca di aumentare la spesa militare: l’arroganza di chi governa e decide per tutti, l’ingiustizia (poiché si tolgono denari alla Sanità, all’Istruzione, all’Ambiente e alla Cultura), la prepotenza sfrenata, anche nel linguaggio, di chi si erge a capopolo (Giorgia Meloni dovrebbe far pulizia anche tra i suoi più stretti collaboratori), e, infine, la mancanza di rispetto verso la vita, la cosa più sacra di ogni essere vivente. Occorre essere chiari e urlare più che si può, che l’aumento previsto delle spese militari è contro l’opinione della maggioranza degli italiani e delle italiane. Per dirla col Manzoni, questo aumento di spesa per gli armamenti “non s’ha da fare né domani, né mai!”.
Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org
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