Le prime abbondanti piogge autunnali hanno portato via l’estate, un po’ in anticipo rispetto a quanto avviene di solito in Sicilia. A Siracusa magari torneranno ancora i giorni di sole e le fughe domenicali al mare, ma la percezione collettiva è quella della conclusione di una stagione che ha portato al boom di presenze e che ha acceso ancora una volta il dibattito sul turismo e sull’equilibrio con la vivibilità dei cittadini e, soprattutto, con la tutela dei beni culturali della città. È ancora viva l’eco delle polemiche che hanno attraversato la scelta di organizzare concerti di musica leggera e rock al teatro greco di Siracusa. Sei concerti (Einaudi, Elisa, Nannini, Mannoia e le due serate di Baglioni) sulle cui autorizzazioni, peraltro, almeno all’inizio, nessuno sapeva fornire notizie certe. Ciò che invece appariva certa era l’esposizione di uno dei beni più importanti dell’umanità a un rischio grave. Lo avevano sottolineato subito gli archeologi e alcuni tra gli scienziati più illustri, come Lorenzo Lazzarini, uno dei massimi esperti di materiale lapideo antico.
Allarmi rimasti inascoltati, anzi respinti dalla reazione stizzita di albergatori, sindaco, commercianti, assessore alla cultura, e così via. Insomma l’incompetenza contro la competenza, soggetti lontani un miglio da studi e conoscenze della materia contro esperti e luminari. Un classico italiano. La parola d’ordine, per organizzatori, ceti produttivi e istituzioni locali e regionali era solo una: profitto. Gli eventi attirano turisti, si dice, e i dati mostrati alla fine della stagione dagli organizzatori parlano di un grande successo, con un indotto di quasi 9 milioni di euro. La logica è chiara: i concerti offrono occasioni di guadagno, quindi pazienza se qualcuno afferma che si mette a rischio la salute di un bene così raro e prezioso, le cui sedute sono ancora quelle di oltre duemila anni fa, fatte della stessa pietra, una pietra antica e molto fragile.
Si tirano in ballo, per giustificare l’uso del teatro, gli spettacoli classici a cadenza annuale della Fondazione Inda, con le coperture che limitano l’impatto sulla pietra. Coperture che però, con i concerti, rimangono installate due mesi in più rispetto al solito, con tutte le conseguenze del caso. Gli spettacoli musicali, inoltre, espongono la pietra a uno stress maggiore (onde sonore, calpestio, movimenti del pubblico) che rischia di danneggiarla in maniera irreversibile. Discorsi che dalle autorità regionali e locali vengono ignorati e nascosti dietro l’orgasmica esaltazione dei numeri e degli incassi. C’è chi addirittura paragona il teatro greco, con la sua pietra antichissima, a quello di Taormina o all’Arena di Verona, nei quali le sedute sono moderne, in quanto sono state ricostruite successivamente.
Intanto la stagione è finita e c’è chi, come il sindaco di Siracusa, parla già di ripetere l’esperienza dei concerti anche il prossimo anno, con buona pace peraltro di quei turisti che vengono qui per ammirare il teatro greco e si trovano invece davanti a un sito impacchettato e coperto da una struttura lignea. Inoltre, c’è il tema delle autorizzazioni, di cui si diceva prima, perché alla fine a scegliere è la Regione, con un organismo rispetto al quale la Sovrintendenza ha uno scarso potere, solo consultivo ma non decisionale se non per alcuni aspetti. Di tutti questi temi abbiamo parlato con una persona esperta in materia, che ha ricoperto anche ruoli istituzionali importanti (non politici) in Sicilia e che ha chiesto tuttavia di restare anonima, per evitare di essere strumentalizzata e trascinata nella polemica politica: “Il punto essenziale per me – afferma – è che l’uso attuale del teatro, indipendentemente dalla qualità della scelta degli spettacoli, può peggiorare le sue condizioni di conservazione, che non sono ottimali. Le peggiora nella misura in cui esso non è controbilanciato da contromisure di conservazione”.
Le coperture lignee sono sufficienti a garantire la pietra?
La copertura attuale non è a contatto diretto con le superfici lapidee e mette in opera degli isolanti tra la struttura e la superficie lapidea su cui poggia. Questo viene fatto bene da anni, con metodologie abbastanza consolidate e sempre migliorate nel tempo. Però, il prolungamento degli spettacoli ha un maggiore impatto da due punti di vista: da una parte crea tempi più lunghi per la formazione e gli effetti del microclima che si crea nell’interstizio; dall’altro, comporta un’usura delle superfici scoperte, che sono quelle di passaggio. Più gente ci passa, più gente si muove e più si creano microlesioni sulla pietra. Le microlesioni che si determinano con l’umidità che si produce nel tempo creano in un primo momento l’attecchimento di licheni, che poi si trasformano in alcuni casi in vera e propria vegetazione. Abbastanza piccola, ma con un apparato radicale che crea distacchi, si infiltra e peggiora lo stato di coesione della pietra. Tutto questo produce una disgregazione che aumenta nel tempo.
Si può far fronte a questo problema?
Certo. Nel momento in cui vengono tolte le sovrastrutture del teatro occorrerebbe fare, sistematicamente, un intervento di ripulitura delle superfici, con mezzi specialistici, non con la semplice spazzata. In questo modo si rimuoverebbero quei batteri che si sono creati nel tempo e si impedirebbe la formazione di licheni. Dopo la ripulitura andrebbero inoltre risarcite le piccole lesioni che si sono create. Anno dopo anno, questo significa consentire al monumento di abbattere notevolmente i tempi di deterioramento, che sono fisiologici. Prima o poi il bene si deteriorerà, ma il nostro compito è quello di rallentare al massimo questo processo. Ora se vogliamo rallentarlo e allo stesso tempo consentire l’uso del teatro, bisogna fare in modo che a un impatto forte di usura corrisponda una contromisura di professione fatta subito dopo. Questo consentirebbe anche di allungare i tempi per la copertura, anche se credo che siano già eccessivamente lunghi.
Cioè?
C’è gente che si lamenta, perché il monumento non è più fruibile nella sua condizione normale. Il turista deve venire in inverno per vedere il teatro greco nel suo stato originario. Normalmente il turismo maggiore, anche archeologico, lo abbiamo in estate, quindi è abbastanza assurdo che il teatro sia coperto per tutta la stagione estiva. Questa però è una scelta di politica culturale, condivisibile o meno, ma un conto è la politica culturale e un altro sono le necessarie e non eliminabili tecniche di conservazione fisica del monumento. Se noi lo danneggiamo in un modo, con le nostre scelte, dobbiamo almeno mettere in opera un correttivo.
Gli archeologi e i geologi sostengono però che i concerti, a differenza degli spettacoli classici, hanno effetti più dannosi, per via delle onde sonore e del maggior movimento degli spettatori. L’ex sovrintendente di Siracusa si era detto contrario alle serate musicali nel teatro greco, viste le condizioni gravi in cui versa il sito. Non crede che siano da evitare, indipendentemente dai lavori di conservazione successivi?
Quando si consente l’uso del teatro antico, indipendentemente dallo spettacolo, c’è sempre un impatto, quando le persone arrivano, si alzano, si muovono. Battere le mani stando in piedi non mi sembra particolarmente traumatico per le pietre. Certamente gli spettatori seduti a guardare uno spettacolo classico sono meno dannosi, in riferimento alle microlesioni delle superfici, di quelli che si mettono a ballare o a saltare sulle pietre. Diciamo che dipende quindi dal tipo di concerto. L’opera lirica non produce sicuramente questi effetti. Poi non so, sinceramente, se quest’anno hanno fatto degli spettacoli troppo rumorosi.
Però non si possono nemmeno anteporre il profitto e il divertimento alla tutela del bene. Non crede che sia singolare che i privati guadagnino sfruttando il teatro greco e poi non ci siano soldi per le necessarie e non più rinviabili attività di tutela del teatro stesso?
Certo, il problema infatti è che bisognerebbe rendersi conto della situazione. Bisognerebbe calcolare le risorse necessarie al teatro. Credo che esistano fonti di finanziamento che provengono dalle entrate del parco e una quota di queste potrebbero essere già utilizzate. Anche queste sono scelte politiche. Ci sono vari modi di tirare fuori questi soldi, ad esempio potrebbero essere presi dallo stesso uso del teatro, cioè da una parte dei profitti dei concerti stessi. Sarebbe un investimento importante per la salute del sito. Si potrebbe reinvestire una parte di questi fondi per fare intervenire, subito dopo lo smontaggio delle attrezzature, un’équipe specializzata, per uno o due mesi di operazioni di restauro, lasciando che intanto il monumento possa comunque essere visibile agli spettatori, evitando di inficiare la fruibilità turistica del luogo. Sarebbe una cosa saggia, di buon senso.
Lei parla giustamente di équipe specializzata per le operazioni di ripulitura e restauro…
Certo, perché bisogna rimediare subito ai piccoli danni che si possono essere creati, perché il piccolo danno può accumularsi agli altri che possono sorgere nel corso dell’inverno, visto che i cambiamenti del clima dilatano la pietra, lasciando che si infiltri l’umidità, con la crescita conseguente della vegetazione, che se non viene fermata avanza nella stessa pietra. E non basta poi fare, in extremis, un’operazione di diserbo, perché quando la fanno, a ridosso degli spettacoli, è persino più dannosa, poiché non viene fatta magari con la stessa delicatezza. Si strappano le radici e si sgretola la roccia. Non seguo le operazioni di allestimento, disallestimento e pulitura del teatro, quindi non so come vengono compiute. Una volta si cercava di starci attenti il più possibile. In passato, ricordo che era venuta un’equipe di esperti di restauro lapideo. Prima avevano pulito bene, in profondità, la pietra, togliendo tutto quello che era vegetazione, licheni, ecc., poi l’avevano consolidata e, infine, avevano fatto le risarciture. Un lavoro magnifico.
Un’ultima domanda, tornando ai concerti, riguarda le autorizzazioni all’uso del sito per gli eventi. Il potere è della Regione, ma la Sovrintendenza cosa può fare? Davvero non ha la possibilità di opporsi?
Credo che la Sovrintendenza possa solo dettare le condizioni d’uso, le misure di protezione: per la conservazione migliore del teatro, ad esempio, non devono essere messe in opera attrezzature metalliche a contatto con la cavea. Bisogna cioè adottare misure di protezione. Credo che questo ancora sia nel potere della Sovrintendenza. Per il resto, a parte il discorso dell’INDA che è ancora nelle mani della Fondazione, la Regione ha sottratto alla Sovrintendenza il controllo sulla gestione del teatro. Ora la Sovrintendenza può solo approvare quello che è già stato deciso e limitatamente alle condizioni d’uso, mentre prima esprimeva il proprio parere anche sugli spettacoli, sulla scelta della tipologia e sulla loro durata.
Massimiliano Perna -ilmegafono.org
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