Inizia ad esserci un po’ di chiarezza in più dietro l’omicidio di Marcelo Pecci, il giudice paraguayano ucciso da alcuni sicari mentre si trovava in luna di miele in Colombia. Nonostante sia ancora incerta l’identità dei mandanti dell’attentato, il lavoro svolto dalla procura di Bogotà e dagli inquirenti di mezzo mondo ha permesso di individuare e arrestare cinque dei sei sicari coinvolti (uno è riuscito a scappare ed è tuttora latitante). Non solo, ma un processo svolto in tempi rapidissimi ha portato già alla condanna a 23 anni e 6 mesi di reclusione degli assassini. Adesso si spera che, vista la celerità di questa operazione, si possa riuscire presto a ottenere dagli arrestati ulteriori informazioni sui mandanti.

Il giudice Pecci, da molti definito il “Falcone del Sud America”, era diventato famoso per la sua lotta estenuante e decisa contro il narcotraffico, specialmente con riferimento alle connesse attività di riciclaggio. Un lavoro intenso il suo, un’azione incessante, al punto da far storcere il naso ai grandi cartelli della mafia sudamericana. Secondo le intercettazioni realizzate dagli inquirenti colombiani, pare che l’ordine fosse di uccidere Pecci “in qualunque parte del mondo”. Una vera e propria dichiarazione di guerra, insomma. Dichiarazione che si è tramutata in operazione lo scorso 10 maggio, durante il soggiorno di Pecci, con la moglie Claudia Aguilera, nell’isola di Barù, in Colombia, per la loro luna di miele.

Un omicidio compiuto da sei sicari che avrebbero pedinato e seguito passo dopo passo i movimenti della coppia. E c’è di più: secondo le intercettazioni, gli stessi sicari avrebbero perso le tracce dei due per qualche giorno, tanto da rischiare di far saltare il progetto criminale. Tracce poi recuperate, purtroppo, tramite i social che la stessa donna aveva usato per condividere con i propri contatti la propria gravidanza. Insomma, un mix di sfortuna ed eccessiva esposizione (oltre alla questione social, il giudice non aveva alcuna forma di sicurezza al suo seguito) che ha favorito la realizzazione dell’omicidio. Per fortuna, l’enorme lavoro svolto dal tribunale di Bogotà, con il contributo dell’FBI, della Dea e della polizia di Asunción, ha portato a dei frutti importantissimi. Se la cattura dei colpevoli, infatti, è avvenuta in così poco tempo, ciò lo si deve soprattutto alle oltre 2.500 ore di filmati e alle 67 intercettazioni realizzate nel giro di meno di un mese. Ritmi serratissimi e lavoro estenuante per un caso di caratura mondiale.

Se è vero che Pecci si era interessato principalmente ai movimenti della mafia sudamericana nel territorio d’origine, va detto che lo stesso giudice non aveva mai nascosto possibili infiltrazioni di altre organizzazioni criminali (tra tutte la ‘ndrangheta). Resta valida, quindi, l’idea che dietro tutto ciò ci sia tantissimo altro e che non si limiti a una questione geograficamente circoscritta. A tal proposito, se è vero che l’arresto dei sicari offre un po’ di respiro ai procuratori colombiani e alla giustizia, resta ancora da scoprire chi abbia voluto e ordinato l’omicidio Pecci. Soprattutto alla luce dell’urgenza che tale omicidio aveva per l’organizzazione. Secondo gli inquirenti, a muovere le fila di un’operazione così efferata potrebbe esserci il clan brasiliano Primeiro Comando da Capital (PCC), un clan potentissimo che avrebbe base a San Paolo, ma che da varie indagini pare trovi spesso rifugio proprio al confine con il Paraguay. Tale supposizione trova conferma nel fatto che il clan sarebbe il maggior esportatore di cocaina del Paese, oltre ad essere stato preso di mira più volte dallo stesso giudice.

Insomma, adesso bisognerà scavare per arrivare alla verità più profonda. Soprattutto, come spesso accade in questi casi, l’azione della giustizia non riguarda solo la criminalità organizzata, ma anche quella parte di società civile corrotta o persino in affari con la criminalità stessa. Arrivare al vero punto, in poche parole, non sarà facile, perché i clan del narcotraffico godono di importanti protezioni a tutti i livelli. Qualcosa che conosciamo molto bene in Italia e che in zone del mondo come il Sud America si ripetono più o meno allo stesso modo. La speranza è che questa volta non rimangano responsabilità nascoste e che Pecci possa ottenere giustizia piena e completa. 

Giovanni Dato -ilmegafono.org