Vive in ogni angolo del pianeta e si nutre di tutto. Attacca i più deboli e i più indifesi, ovunque si trovino e ovunque esistano le condizioni per conficcare i suoi artigli e il suo becco robusto nella loro carne. Quando necessario si trasforma e diventa quasi socievole, ma solo per accattivarsi la benevolenza di quelle che diventeranno poi le sue vittime. Si sposta abilmente e con grande agilità su ogni terreno, ma i disastri naturali, le crisi economiche e sociali, le guerre e tutto quello che ne consegue, sono il suo giardino di casa e quando tutto questo non esiste aspetta con pazienza, osserva, poi contribuisce a crearlo. La sua è un’intelligenza fredda, le emozioni e i sentimenti non lo interessano perché vive solo di calcolo. È l’avvoltoio.
La specie più comune di questo animale, la più infida, non vive sulle rocce ma in comodi uffici. Moquette e aria condizionata, un telefono sempre acceso e mille carte di credito. Si sposta con facilità da un continente all’altro, un aereo sempre pronto a farlo salire a bordo e una stretta di mano, fredda e viscida, sempre pronta a riceverlo quando scende. L’avvoltoio della finanza ha sempre fretta e si circonda di servi fedeli, consapevoli che finché lui vola alto ci sarà sempre da mangiare anche per loro. Spesso frequenta università prestigiose, da cui esce con quel pezzo di carta che ne certifica l’ingresso nella società che conta.
Guglielmo Stagno D’Alcontres, a soli 31 anni, è il giovane avvoltoio uscito con gloria dall’Università Bocconi di Milano. Giovane rampollo di una famiglia nobile, nel 2010 apre un’azienda: Straberry. Sul sito ufficiale l’azienda si autodefinisce “Un’impresa giovane e innovativa che rappresenta la più grande realtà in Lombardia che coltiva frutti di bosco”. In effetti si occupa di coltivare fragole, mirtilli e frutti di bosco, nei terreni di Cassina de’ Pecchi, un piccolo comune appena fuori dalla porta della città di Milano. Straberry diventa così una “Start Up” che riceve finanziamenti e riconoscimenti.
Nel marzo del 2017, questo giovane e brillante avvoltoio rilascia un’intervista dove celebra sé stesso e la sua fulminante arrampicata sociale: “Per carattere non mollo mai, mai. Credo dipenda dal mio lato siciliano e, per orgoglio, non ho mai chiesto aiuti o raccomandazioni. Ero iscritto al Des (Discipline economiche e sociali, ndr) della Bocconi, pensavo di fare il banchiere. Nuovi modelli di sviluppo, risparmio energetico, fotovoltaico, incentivi fiscali. Seguendo il corso d’economia ambientale del prof Luigi De Paoli (con cui poi mi sono laureato) mi venne l’idea di cosa fare dei terreni – 60 ettari a mais e prati stabili – di mia madre, a Cassina De’ Pecchi, nel Parco Agricolo Sud Milano. Non rendevano una mazza! Oltre a non saper d’agricoltura non avevo mai fatto l’imprenditore, però capisco velocemente le cose, i numeri mi vengono fuori subito”.
“I numeri mi vengono fuori subito… “. La premessa è interessante, perché dietro i numeri ci sono le persone. I numeri dell’avvoltoio sorridono, ma non sorridono le persone che contribuiscono a moltiplicare quei numeri. Adesso la storia dei “frutti di bosco” si arricchisce di alti contorni, dove emergono lo sfruttamento, le condizioni di schiavitù e le umiliazioni subite da chi lavorava in quei campi. Troppo spesso si crede che lo sfruttamento nei campi e il caporalato siano cose che succedono solo al Sud. Stupida convinzione: lo sfruttamento e il caporalato sono un virus condiviso dagli avvoltoi di ogni latitudine, sono i figli legittimi dei “Chicago Boys” di ogni epoca e di ogni paese e non conoscono geografia. Sono il virus condiviso da chi guarda sempre e solo ai numeri senza mai considerare le persone e quando le persone hanno la storia del migrante dipinta sul loro volto diventano ancora più invisibili.
Ma qualcuno, fra gli invisibili, trova il coraggio di confidarsi e di raccontare, e nel muro si aprono le prime crepe e, un giorno alla volta, la diga si rompe. Iniziano le indagini e le intercettazioni telefoniche, emerge tutto quello che era stato nascosto con cura e si arriva così al sequestro dei beni operato dalla Guardia di Finanza. Il castello di carta crolla e viene alla luce tutto il fango su cui era costruito: lo sfruttamento nei confronti di centinaia di braccianti, in gran parte migranti, i contratti irregolari, le finte assunzioni e le condizioni di lavoro che raccontano schiavitù. Infine, quelle intercettazioni telefoniche che non consentono repliche: “Con loro devi lavorare in maniera tribale, come lavorano loro, tu devi fare il maschio dominante, è quello il concetto, io con loro sono il maschio dominante, è così…io sono il maschio dominante!”.
L’avvoltoio e il maschio dominante, in fondo non c’è differenza. L’avvoltoio vola in cerchio, vola in alto. Nell’America di Trump nel cerchio ci sono tutti gli ultimi, e se hanno la pelle nera sono ancora più ultimi. Lo hanno capito tutti, ma l’avvoltoio d’America ha dalla sua parte tutti i “Chicago Boys” che guardano solo alla finanza e ai numeri. Quei numeri dicono che si possono avere milioni di poveri e di disoccupati ma per restare al potere bastano e avanzano i voti dei suprematisti bianchi e dei razzisti, basta l’appoggio di chi non rinuncerà mai a possedere un fucile mitragliatore anche quando hai solo diciassette anni. Nella vecchia Europa, quindi anche in Italia, il maschio dominante ha tanti volti, impossibile distinguerlo dall’avvoltoio. Parla e predica di nazionalismi e di razza, odia i migranti e non lo nasconde, ha amicizie importanti nella politica, nelle banche e in ogni apparato che conta. Ha l’informazione, o gran parte di essa, dalla sua parte, compiacente e benevola. Gode di finanziamenti importanti, non importa da dove arrivano purché arrivino (Leggi qui).
Nella Turchia di Recep Tayyip Erdoğan il maschio dominante si sporca le mani senza nasconderlo: una strada per eliminare gli oppositori si trova sempre, in un modo o nell’altro. E quando non può essere fatto alla luce del sole si usano le galere di stato dove si imprigiona chiunque e per qualunque motivo: artisti e musicisti, giornalisti e avvocati, chiunque chieda democrazia e verità. Si annientano le persone nella mente e nel cuore, fino a quando uno sciopero della fame chiude il cerchio. Il cerchio si è chiuso in primavera sui musicisti del Grup Yorum e ora, alla fine di un’estate sbagliata, anche su una giovane donna di 42 anni che lottava ogni giorno per i diritti umani: si chiamava Ebru Timtik ed è morta il 27 agosto, pochi giorni fa. Nella Turchia del maschio dominante si vive e si muore così.
Quell’avvoltoio vive in ogni angolo del pianeta e si nutre di tutto, lui e il potere si fondono insieme, in Europa, in Africa, in Asia, nel continente americano dove il Cile di Salvador Allende è stato il primo Paese a subire il morso velenoso dei “Chicago Boys”: a mordere furono un generale e un regime fascista, ma a guidare la mano armata e a proteggerla negli anni furono le multinazionali e la finanza.
L’avvoltoio e il maschio dominante, in fondo non c’è differenza. Hanno lo stesso vestito, la stessa maschera che indossano da sempre, nella vita di tutti i giorni, nell’ipocrisia di una società che da sempre divide gli ultimi dai primi, i vincenti dai perdenti. E si sa, a minare l’ordine precostituito sono sempre e solo i perdenti e gli ultimi della fila.
Maurizio Anelli (Sonda.life) -ilmegafono.org
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