Malak Nebi Khalil aveva sedici anni quando, il 23 maggio scorso, è stata rapita, stuprata, barbaramente uccisa e gettata in un campo. Finiscono così i sogni, la vita, i diritti umani ad Afrin, territorio curdo sotto controllo della Turchia e delle alleate milizie jihadiste. Perenne scenario di orrori a cielo aperto. Malak e quegli occhi azzurri spenti, Malak strappata violentemente alla vita. Per le donne, le ragazze e le bambine di Afrin la vita sta diventando una trappola infernale. Malak non è l’unica vittima di questa subdola violenza fisica e psicologica. Il 12 maggio, appena 11 giorni prima, Hivin Ghazala Mori, giovane ragazza di 17 anni, è stata rapita da milizie armate dopo che la madre e i fratelli avevano rifiutato di darla in sposa a uno di loro. Di lei non si hanno più notizie. Aryen Dary Hassan, ragazza di 21 anni, è stata invece rapita a febbraio del 2020 e ritrovata successivamente nella prigione di Al Hamza – la fazione armata lealista della Turchia – e niente potrà farle dimenticare le violenze subite.
La lista dell’Organizzazione per i Diritti Umani di Afrin è lunga, parte dal 2018, anno in cui Recep Tayyip Erdogan ha portato armi a violenza su quel fazzoletto di terra. I casi di rapimenti, stupri e omicidi contro donne, ragazze e bambine sono sempre più in aumento e Human Rights Organisation Afrin ha fatto un appello chiedendo alla Corte internazionale dei diritti umani, ad Amnesty e UNICEF di intervenire: “Violazioni dei diritti umani, crimini atroci e abusi che si stanno verificando nella regione siriana di Afrin equivalgono a crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Lo Stato turco ha dato alle sue milizie SNA la possibilità di perpetrare tutti i tipi di crimini contro le donne nella Siria settentrionale e nord-orientale. Oggi, nelle aree sotto il dominio dell’esercito turco, donne e bambini vengono rapiti per riscatto e matrimonio forzato, privandoli del loro diritto di essere protetti”.
“Le donne – continua l’organizzazione di Afrin – sono soggette a sistematiche torture brutali in stile fascista, sia psicologicamente che fisicamente, assistiamo a schiavitù sessuale, coercizione alla prostituzione e lavoro forzato. Purtroppo, la violenza sessuale, in particolare la gravidanza forzata, è diffusa, e rappresenta un crimine contro l’umanità. L’ultima vittima di questa serie infinita di crimini spregevoli è stata la ragazza curda Malak Nabih Khalil Jumah, 16 anni, che è stata rapita all’alba dell’ultimo giorno del Ramadan, il 23 maggio 2020, da milizie affiliate alla Divisione Sultan Murad. Malak è stata trovata morta nelle terre agricole vicino alla città di Azaz, la mattina del 7 giugno 2020. Temiamo che questo destino simile sia accaduto a diverse centinaia di donne curde disperse poiché rapite da gruppi armati filo-turchi e dall’agenzia del MIT turco o tenute prigioniere all’interno di centri di detenzione nella Siria settentrionale e della Turchia”.
“Di recente – prosegue -, quando il quartier generale della divisione di Al-Hamzat è stato preso d’assalto da gruppi rivali durante gli scontri nella città di Afrin, sono state trovate decine di donne rapite rinchiuse nude all’interno di celle. Essendo lo stato turco il potere occupante, e poiché il governatore turco di Afrin supervisiona le attività della miriade di milizie SNA, la Turchia ha responsabilità ai sensi degli articoli 5-6-7-8 dello Statuto di Roma del Tribunale penale internazionale dell’anno 1998. Tali atti violenti dei delegati turchi sono considerati crimini internazionali ai sensi dell’articolo (9) e ciò richiede un’azione da parte dei pubblici ministeri conformemente all’articolo (15) dello Statuto di Roma”.
“Pertanto – si legge ancora nell’appello di Human Rights Organisation Afrin – facciamo appello alle Nazioni Unite, rappresentate dal suo Segretario Generale, l’UNICEF, Amnesty International e tutte le organizzazioni per i diritti umani nel mondo, affinché svolgano il loro ruolo storico e avviino l’applicazione degli obblighi e dei requisiti del diritto internazionale pubblico e umanitario, in particolare gli articoli 2 e 4 della Carta delle Nazioni Unite e gli articoli 1 e 89 del primo protocollo aggiuntivo del 1977 che integra le quattro convenzioni di Ginevra (1949), e l’articolo 147 della Quarta Convenzione di Ginevra”.
Pertanto, per prima cosa: “per evitare la sfiducia nelle istituzioni internazionali, nelle istituzioni delle Nazioni Unite e nella legittimità internazionale, le vittime chiedono giustizia. Secondo: lo Stato turco non può sottrarsi alla responsabilità assegnando lavoro sporco ai suoi delegati. Dunque, la Turchia dovrebbe essere ritenuta responsabile per i crimini commessi contro le donne curde che sono stati documentati da organizzazioni e gruppi locali e internazionali per i diritti umani. La Turchia dovrebbe porre fine alla sua occupazione e ai suoi interventi nella Siria settentrionale e nord-orientale. Terzo: dovrebbe essere formata una commissione d’inchiesta internazionale per indagare su decine di migliaia di crimini perpetrati contro civili, ad Afrin, Ras Al-Ain e Tel Abyad in Siria. Quarto: lavorare per espellere le fazioni armate da Afrin. Quinto: Afrin dovrebbe essere messa sotto protezione internazionale per facilitare il ritorno dei suoi sfollati forzati, con garanzie internazionali. Sesto: azione urgente per affrontare i piani dello Stato turco che minacciano la pace, la sicurezza e la stabilità internazionali, soprattutto in termini di esportazione del terrorismo attraverso l’invio di mercenari terroristici dalla Siria in varie parti del mondo”.
La voce di un popolo sotto massacro, violenze sessuali, rapimenti deve essere ascoltata a livello internazionale affinché si possa ottenere una forma di giustizia a favore dei diritti umani e a protezione e tutela di vite innocenti.
Rossella Assanti -ilmegafono.org
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