1997. Quinto liceo scientifico, una classe di una qualunque scuola italiana, piena di ragazzini decisamente svogliati (ma forse meno disincantati di quelli di oggi) ed una professoressa un po’ fuori dagli schemi. Una docente di matematica che decise di andare oltre il programma ordinario per insegnare agli studenti alcuni piccoli fondamenti di statistica e di calcolo permutatorio. Con quelle lezioni (che forse volevano essere silenziosamente anche o soprattutto lezioni di vita) quella professoressa ci insegnò che statisticamente nel gioco d’azzardo c’è un solo vincitore: lo Stato. Nella testa di una ragazzina di 17 anni continuavano a rimbombare due domande: ma allora perché le persone giocano e, soprattutto, perché lo Stato lo consente?
Settembre 2019. La recente diffusione, da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, del “Libro Blu per il 2018”, documento che si occupa di riportare annualmente i dati inerenti il gioco d’azzardo legale in Italia, fa riaffiorare nella testa di quella stessa 17enne (nel frattempo cresciuta) le medesime perplessità. L’analisi del documento è innegabilmente sconfortante: nell’anno di riferimento, infatti, il gioco d’azzardo è aumentato del 5% per un valore di circa 106,8 miliardi di euro. È inoltre in fortissima crescita il gioco online che, in due anni, ha subito un incremento del 47% e che, sfruttando tecnologie quali tablet e smartphone, allarga a macchia d’olio il numero di fruitori di questo tipo di “intrattenimento”, rischiando di raggiungere anche utenti con fascia d’età tutt’altro che adeguata al tipo di contesto.
Numeri da capogiro che non possono che portare con sé tutta una serie di gravi questioni e problematiche sociali. Prima tra tutti la “ludopatia”, un male moderno troppo spesso preso sotto gamba. Sembra impossibile immaginare che qualcuno “dipenda” da un gioco o da una scommessa, eppure sono sempre di più le persone che cadono in questo baratro di dipendenza, bugie, solitudine ed inevitabili ristrettezze economiche. Il ludopatico inizia a giocare per “divertimento” poi vince e crede di poter “fare soldi facili”, quindi perde e vuole “rifarsi” fino a quando non sprofonda sempre più giù. Si gioca l’intero stipendio, i soldi per l’affitto o la spesa e perde molto più del denaro: perde affetti e dignità. È di pochi giorni fa la storia di Matteo Liccione, un 65enne arrestato dai carabinieri di Ivrea mentre cercava di rubare in un appartamento. Un gesto che ha giustificato proprio con la ludopatia: “Ho un lavoro onesto – avrebbe detto una volta in caserma – ma non basta a pagare i debiti di gioco, se non rubo non ho abbastanza soldi per le scommesse”.
Un dato di fatto inoppugnabile, inoltre, è che il gioco d’azzardo costituisce una grandissima risorsa per le organizzazioni criminali, poiché può fungere da sistema per il riciclaggio di denaro sporco ed in più favorisce notevolmente il ricorso all’usura. Rischi serissimi dunque sotto molteplici aspetti della vita sociale del Paese e che tuttavia non vengono adeguatamente affrontati da chi ci governa. Ci si limita a qualche legge inconsistente, facilmente impugnabile da validi giuristi, mentre scarseggiano i controlli sui giocatori. Sembra quasi che lo Stato abbia una fortissima reticenza, che quasi non se la senta di rinunciare ad un filone economico che gli assicura introiti di questa entità.
In una tale situazione di sostanziale inerzia delle autorità, le piccole iniziative locali che si intraprendono (seminari a scuola, sportelli di ascolto o il rendere non fruibili le slot machine in determinate fasce orarie) assumono il valore di mere gocce dentro un oceano immenso e non possono in alcun modo contenere questa grave distorsione sociale. Nell’attesa che le istituzioni si ricordino che governare non è bussiness e che la politica non deve seguire solo ragioni economiche, ma che talvolta dovrebbe prediligere scelte socialmente sostenibili, il dubbio resta sempre lo stesso: se è un dato di fatto che a vincere è solo lo Stato (o peggio il crimine, nei casi di gioco illegale) perché le persone giocano?
Anna Serrapelle-ilmegafono.org
Commenti recenti