Era un mattino di fine giugno del 2004 quando Palermo si svegliò con parte della città tappezzata da adesivi bianchi listati a lutto sui quali si leggeva: “Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”. Da quella mattina la realtà dell’antimafia palermitana (e non solo) è cambiata: lo scorso 29 giugno, infatti, Addiopizzo ha festeggiato 15 anni di attività, un’attività fatta di informazione, denuncia, sostegno alla denuncia e lotte sociali il cui scopo primario è quello di svegliare le coscienze dei commercianti e dei semplici cittadini che ogni giorno hanno a che fare con la mentalità mafiosa e con il cappio del racket delle estorsioni.
A distanza di 15 anni, si può affermare che a Palermo e un po’ in tutta Italia la lotta al racket ha conosciuto un salto di qualità: se è vero che fino al 2004, l’80% degli operatori economici era condizionata dal fenomeno del pizzo (come documentato dalla procura di Palermo), oggi, nonostante le innumerevoli difficoltà sociali, burocratiche e culturali, la realtà appare decisamente migliorata. Sempre più commercianti, infatti, decidono di intraprendere il percorso di denuncia che fa paura ai mafiosi, tanto che nel corso delle indagini più recenti è emersa una preoccupazione crescente da parte dei boss e degli affiliati proprio in merito alla difficoltà riscontrata nel perpetrare azioni estorsive.
Sebbene siamo ancora piuttosto lontani da una società “pizzo free”, i dati che emergono sono confortanti e tanto di quanto realizzato lo si deve anche agli sforzi e al coraggio dei ragazzi di Addiopizzo. Un impegno ed uno sforzo che, come scrive l’associazione in un comunicato, non richiedono atti eroici: “La narrazione del fenomento del racket – si legge nel comunicato – non deve sfociare in rappresentazioni eroico-mediatiche che, oltre a risultare fuorvianti, allontanano la gente comune da una battaglia che per essere vinta ha bisogno di esempi di normalità, praticati più che proclamati”.
In effetti la differenza sostanziale tra chi ha a cuore il futuro della nostra società e chi cerca soltanto il clamore mediatico sta proprio nella capacità di essere pragmatici e svolgere quel dovere quotidiano di cui parlava anche Giovanni Falcone. In questo, Addiopizzo ha sempre dimostrato una perseveranza ed una costanza che non hanno eguali, non cercando i riflettori, ma impegnandosi sul territorio, denunciando e aiutando concretamente chi denuncia. Come già detto, le difficoltà non mancano e la strada da fare è ancora lunga, anche per via delle tante questioni sociali irrisolte: “Per molti versi – afferma Addiopizzo – Palermo è cambiata in meglio, ma viviamo in un contesto dove diritti fondamentali come quelli al lavoro, alla casa, alla salute e all’istruzione rimangono un miraggio per tanti, troppi. Ancora oggi, quindi, si conferma una lontananza imbarazzante dal modello di società disegnato invece dalla Costituzione”.
“In altre parole – continua Addiopizzo nel suo comunicato – a una sempre più incisiva e costante repressione portata avanti dai magistrati e dalle forze dell’ordine, non seguono vigorose politiche sociali e del lavoro”. Ed è proprio lì che la mafia storicamente arruola nuove leve e scova linfa vitale, lì dove assenza dello Stato, miseria e fragilità sociale si mischiano regalando alle mafie terreno fertile. Davanti a questa sfida epocale, i primi 15 anni di Addiopizzo, pertanto, non rappresentano un punto d’arrivo, bensì di svolta: il primo, grande traguardo è stato raggiunto con il risveglio delle coscienze, adesso bisogna fare in modo che si creino le condizioni sociali necessarie per indebolire la mentalità mafiosa e il suo potere attrattivo. Solo così, tutti i semi tanto faticosamente gettati, potranno germogliare e diventare presto delle splendide piante di giustizia e legalità.
Giovanni Dato -ilmegafono.org
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