Il 3 maggio, come ogni anno, si festeggerà la Giornata mondiale della libertà di stampa. In vista di questo appuntamento, l’organizzazione internazionale “Reporter Senza Frontiere” ha prodotto un’analisi dettagliata del livello di libertà di stampa nel mondo, stilando una classifica che raccoglie 180 paesi: dalla libera Norvegia, prima, al vituperato Turkmenistan, ultimo. Nell’ultimo anno (e non solo), la categoria dei giornalisti ha avuto una progressiva demonizzazione che ne mette a serio rischio la libertà e l’incolumità.
In Italia, già dal tramonto dell’era berlusconiana, passando per l’affermazione di nuove correnti, come il Movimento 5 Stelle, e nuove metodologie comunicative, come le dirette sui social del ministro dell’Interno, il rapporto tra politica e stampa è diventato molto controverso, arrivando inevitabilmente a coinvolgere l’opinione pubblica che ha ormai un atteggiamento sempre più freddo nei confronti dei media. Tutto ciò nel corso degli ultimi anni, specialmente dell’ultimo, ha portato agli onori della cronaca numerose vicende in cui si è tentato di togliere anche i più basilari diritti ai giornalisti del nostro Paese.
È il caso della vicenda di Sandro Ruotolo, con la scorta dapprima tolta e poi riassegnata, in occasione della quale l’Italia ha fatto una figura non proprio di prim’ordine, o quello della querelle ancora in piedi tra Roberto Saviano, giornalista anticamorra sotto scorta, e Matteo Salvini, ministro dell’Interno che lo ha querelato recentemente per diffamazione dopo averlo attaccato più volte duramente e dopo aver ventilato l’idea di privare anche lui della scorta. Anche numerosi esponenti del Movimento 5 Stelle, alleato di governo della Lega, non hanno risparmiato critiche feroci alla stampa , andando a sdoganare un linguaggio sempre più duro e volgare, ripreso nei vari comizi e nelle aule del parlamento.
Il risultato secondo RSF è che “alcuni giornalisti hanno ceduto alla tentazione di censurarsi per evitare le molestie politiche”, anche se la cronaca in merito alle minacce ai giornalisti si arricchisce ogni giorno in Italia, simbolo che una larga fetta di questa categoria rimasta libera c’è. Ultimo in ordine cronologico è stato l’incendio ai danni dell’auto di Valeria Pinna, verificatosi qualche giorno fa. La giornalista sarda è stata probabilmente vittima di un avvertimento legato alle sue inchieste in merito a dei controlli antidoping.
Anche a livello internazionale i toni si sono progressivamente alzati e la situazione attuale è divenuta abbastanza allarmante. Negli USA, ad esempio, c’è stata un’impennata delle minacce di morte ai giornalisti dall’inizio della presidenza Trump, un dato che in perfetta linea con quello italiano e con quello di paesi dove si sono affermati governi sulla carta meno moderati e dunque più in conflitto con la stampa libera.
Insomma, a 26 anni dall’istituzione della Giornata mondiale della libertà di stampa sono troppe le tensioni che ne mettono a rischio la diffusione a livello globale, e a farne le spese spesso sono i giornalisti con la loro vita. Come Lyra McKee, giornalista ventinovenne irlandese, rimasta uccisa in un conflitto tra la polizia e il New Ira, gruppo estremista irlandese a favore della riunificazione dell’Irlanda e dell’indipendenza di Belfast dal Regno Unito. Il gruppo ha rivendicato l’assassinio accidentale della reporter che aveva commesso l’unico errore di “trovarsi al fianco di forze nemiche”(la polizia ndr).
La breve e tragica storia di questa giovane donna ci ricorda una verità che dovrebbe essere ormai radicata nella nostra civiltà: chi racconta, e spesso per farlo rischia la propria pelle, va difeso e questi attacchi indiscriminati sono un lusso che la politica non può più permettersi.
Vincenzo Verde -ilmegafono.org
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