Nel nostro Paese abbiamo la fortuna di “scoprire” luoghi nuovi, visitando siti culturali a poche ore di macchina da casa nostra. Oggi siamo nei pressi della celebre penisola Flegrea, in provincia di Napoli. In particolare andiamo a Bacoli, in una via qualunque, via Poggio. Una volta parcheggiata la macchina si va alla ricerca della Piscina Mirabilis, ma di veramente mirabile, nelle strade circostanti, non vi è nulla.

Giunti in via Piscina Mirabile, una via residenziale strettissima dove passano molte auto, arriviamo al cancello in metallo con l’insegna “Piscina Mirabilis”. Dietro le sbarre del cancello intravediamo delle strutture archeologiche ma non capiamo ancora di cosa si tratta. Se il cancello è chiuso dovremo ricontattare il custode privato incaricato dalla Soprintendenza col quale ci siamo sentiti preventivamente. E aspettare.

Bacoli sorge sul golfo di Pozzuoli, sui resti di Bauli (antico nome di Bacoli), Cuma, Baia, Miseno, Fusaro e Miscolia (schola militum), sede della flotta pretoria. Stiamo parlando di un’area immensa in cui vi erano molte case di villeggiatura già in epoca romana. Questa zona fu abbandonata col declino dell’impero anche a causa del fenomeno del bradisismo. Solo a partire dal Rinascimento si assiste ad una lenta riscoperta delle bellezze locali tanto che, durante il grand tour settecentesco, questa zona diviene una tappa imprescindibile per tutti i visitatori europei.

Una volta aperta la porta continuiamo a non capire cosa sia la Piscina Mirabilis. Bisogna scendere diversi scalini per ritrovarsi in un’enorme cattedrale sotterranea quasi totalmente scavata nel tufo. Le dimensioni sono sbalorditive: 70 metri di lunghezza per 25,5 metri di larghezza per 15 metri di altezza. Una sala rettangolare ipostila, sostenuta da 48 pilastri cruciformi che scandiscono le cinque trionfanti navate di questo immenso tempio dell’acqua.

Perché parliamo di acqua? Questa struttura fu voluta da Augusto per approvvigionare d’acqua la propria flotta navale che stanziava tra Baia e Miseno. L’acqua percorreva ben 96 chilometri lungo l’acquedotto augusteo del Serino (dal luogo omonimo in provincia di Avellino da cui sgorga la fonte) prima di giungere in questa enorme cisterna. Le aperture sulla sommità permettevano l’estrazione e lo smistamento dell’acqua attraverso macchinari che la immettevano nei canali di distribuzione.

Tutto l’interno è coperto di un intonaco costituito di coccio pesto (polvere di mattoni) e calce idraulica. Questo rivestimento, perfetto per contenere l’acqua, diveniva sempre più resistente “nutrendosi” del carbonato di calcio presente nell’acqua stessa. Quando nel IV secolo la capitale dell’impero fu trasferita da Roma a Costantinopoli (Bisanzio, oggi Istanbul), la flotta venne spostata a Ravenna e la cisterna perse il suo ruolo e venne svuotata divenendo rifugio di personaggi di ogni sorta.

Sulle sue pareti graffiti di ogni epoca ne testimoniano l’anzianità. Tra i suoi visitatori illustri si annoverano Goethe, Dumas e Mozart. Inutile dire che un luogo tanto antico e tanto magnifico ispirò e continua a ispirare generazioni di artisti e architetti e che merita assolutamente una visita!

Angelo De Grande -ilmegafono.org