A distanza di 13 anni dall’omicidio di Gianluca Congiusta, la famiglia è ancora alla ricerca della verità sui motivi che hanno portato all’assassinio del giovane imprenditore calabrese. Per anni, il processo relativo all’omicidio ha visto tra i principali imputati l’ex boss della ‘ndrangheta Tommaso Costa, il quale, dopo i primi due gradi di giudizio nei quali era stato condannato all’ergastolo, è stato infine riconosciuto innocente dalla Cassazione per mancanza di prove, proprio durante la scorsa primavera.
Eppure il ruolo di Costa nella vicenda Congiusta sembrava essere stato dimostrato dalla magistratura. Tutto cominciò quando il suocero di Gianluca, Antonio Scarfò, fu raggiunto tramite lettera da un tentativo di estorsione. Spaventato, Scarfò si sarebbe rivolto al genero, il quale non avrebbe accettato di piegarsi al volere della ‘ndrina dei Costa. Per anni, l’accusa ha sostenuto che Tommaso Costa, per non perdere credibilità nei confronti della potente cosca rivale dei Commisso, avrebbe ordinato l’assassinio di Gianluca. E in effetti, qualche tempo dopo, il giovane fu ucciso mentre era al volante della sua auto.
Anni di indagini e processi non hanno aiutato a far scomparire il condizionale da queste considerazioni, ma hanno dimostrato in sentenza definitiva che ci fu un effettivo tentativo di estorsione ai danni di Scarfò. Lo stesso suocero di Gianluca, durante il primo grado di giudizio, ha sempre sostenuto di non aver condiviso la lettera con suo genero, mentre l’intera famiglia Scarfò è stata successivamente imputata e condannata per falsa testimonianza. Una serie di indizi che secondo alcuni lasciano immaginare che il processo sia stato fortemente inquinato con una serie di depistaggi nel corso delle indagini e non solo.
Il padre di Gianluca Congiusta, Mario, per anni era stato in prima linea nel chiedere giustizia, arrivando a fondare una Onlus in sua memoria della quale è stato presidente fino al mese scorso, quando è venuto a mancare. Nel corso degli anni Mario Congiusta è stato più volte minacciato, ma non è arretrato di un centimetro nella ricerca della verità sulla morte del figlio.
Anche dopo la morte del padre di Gianluca, però, non sono finiti i guai per la famiglia Congiusta che, in settimana, si è vista recapitare la seconda intimidazione nel giro di pochi giorni. Davanti casa, la vedova Congiusta e le figlie hanno ritrovato, infatti, una croce fatta con le sigarette, vizio per il quale era noto il signor Mario: è il secondo messaggio intimidatorio dopo il cumulo di terra ritrovato davanti al negozio dove l’uomo esercitava la sua professione.
Sembra insomma che a Siderno la ‘ndrangheta faccia quello che vuole senza che nessuno possa mettere un fermo alla paura. Da quel dannato 24 maggio 2005, lo Stato ha trovato il modo di mancare mille volte a Siderno. Dopo il fallimento dell’inchiesta della magistratura, che non è riuscita a restituire giustizia alla famiglia Congiusta, adesso non c’è nemmeno la possibilità di una vita serena per chi ha già perso tutto. La ‘ndrangheta vince quando perde lo Stato.
Vincenzo Verde -ilmegafono.org
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