È una battaglia che ormai va combattuta su tutti i fronti. Si tratta del cambiamento climatico che ha messo in ginocchio diversi settori, tra cui l’agricoltura, provocando l’alterazione del ciclo idrico, l’inaridimento di ampie aree e l’aumento del ritmo delle migrazioni. Le scelte attuali non fanno però altro che incrementare la minaccia: a causa dell’uso eccessivo di combustibili fossili e prodotti chimici, il settore alimentare in Europa determina tra il 20 per cento e il 35 per cento delle emissioni di gas serra della UE-28. Senza dimenticare che più del 12 per cento dei terreni coltivabili nell’Unione europea si sta erodendo principalmente per le pratiche agricole intensive.
A fare il quadro della situazione, il Forum internazionale su alimentazione e nutrizione, organizzato a Bruxelles da Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition. La soluzione per cambiare rotta sarebbe a portata di mano, dato che ci sono 50 miliardi di euro che l’Unione europea ha messo sul tavolo della Pac, la politica agricola comune.
“L’Unione europea – spiega Paolo Barilla, vice presidente di Bcfn – deve passare da una politica agricola comune orientata all’aumento della produzione a una politica agroalimentare comune che includa obiettivi di rendimento per la nutrizione e la salute. Questo cambiamento epocale passa da tanti fattori, uno di questi sono i giovani e le donne. Purtroppo solo il 6 per cento del totale degli agricoltori in Europa ha meno di 35 anni, mentre meno di un terzo degli agricoltori più anziani è donna. La nuova Pac dovrà tener conto di questi elementi per essere pensata in un’ottica innovativa”.
Sarà importante utilizzare questi soldi per disegnare il futuro dell’agricoltura europea, ma anche per rispettare l’accordo Onu di Parigi sul cambiamento climatico. A rendere ancora più difficile il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati per il 2030, l’impatto ambientale della produzione agricola e la frammentazione degli habitat che hanno contribuito alla perdita della biodiversità nell’Unione. Inoltre, il Food Sustainability Index, l’indice sviluppato dalla Fondazione, in collaborazione con The Economist Intelligence Unit, che ha lo scopo di analizzare la sostenibilità del sistema alimentare di 34 Paesi, ha fatto il punto della situazione del vecchio continente.
Da un lato abbiamo l’Italia, che è tra gli Stati più virtuosi nella gestione dell’acqua, mentre la Francia è la nazione che si è impegnata di più nell’implementare iniziative rivolte all’agricoltura urbana e nella riduzione dell’impatto ambientale provocato dall’uso massiccio di fertilizzanti e pesticidi. Un’altra questione importante, infine, sono le migrazioni, strettamente connesse alla questione ambientale. Sono oltre 257 milioni, infatti, le persone che abbandonano il proprio Paese e di queste sono poco meno di 35 milioni, ovvero il 13,5 per cento del totale di chi emigra, quelle che si dirigono verso l’area del Mediterraneo. Questa scelta è dovuta all’insicurezza alimentare, causata dai cambiamenti climatici che diminuiscono la produzione di cibo.
Veronica Nicotra -ilmegafono.org
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