Il prossimo 10 giugno i cittadini di 772 comuni italiani torneranno alle urne per le elezioni comunali del 2018. Lo stesso giorno, a San Luca, ancora una volta non si voterà. Il comune, parte della città metropolitana di Reggio Calabria, è dal 2013 sotto commissariamento e, ancora una volta, i cittadini hanno deciso di non presentare alcuna lista. Questa situazione non è altro che il frutto della guerra tra cosche in cui versa il paese da oltre 20 anni. Tutto nacque nel 1991 da un banale scherzo. Alcuni ragazzi appartenenti ai clan affiliati Strangio-Nirta, in occasione del carnevale, sporcarono l’auto di uno degli esponenti della ‘ndrina Vottari-Pelle. La punizione fu violenta e i ragazzi vennero picchiati brutalmente.
Ai fautori dello scherzo non piacque il provvedimento e cercarono un confronto con un affiliato dei Vottari il quale, spaventato, esplose dei colpi di pistola uccidendo due ragazzi di 19 e 20 anni: uno appartenente al clan Strangio e l’altro al clan Nirta. Dopo questo episodio seguirono una serie di regolamenti di conti che decimarono le varie ‘ndrine.
Il comune di San Luca era considerato uno snodo fondamentale nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Un giro d’affari notevole che rimise in discussione gli equilibri di potere all’inizio degli anni 2000. Il 15 agosto 2007 la faida raggiunse il suo culmine con la strage di Duisburg, anche conosciuta come “strage di ferragosto”, dove persero la vita 6 esponenti dei Vottari. Le conseguenze anche mediatiche del massacro, avvenuto all’esterno di un ristorante italiano della città tedesca, hanno messo fine alla scia di sangue che era cominciata 16 anni prima, ma di certo non hanno arrestato le velleità della ‘ndrangheta nel comune calabrese.
Nel 2008, anche sull’onda emotiva della strage, venne eletto Sebastiano Giorgi, originario della città stessa e simbolo dell’antimafia in Calabria. Cinque anni dopo il comune venne sciolto per infiltrazioni mafiose. Il sindaco venne accusato di aver ricevuto voti dalle cosche in cambio di favori e, nell’ambito della stessa operazione, venne fermata anche Rosy Canale, altro presunto simbolo dell’antimafia sanluchese, che aveva fondato un’associazione a sostegno delle donne.
Così, dal 2013 a San Luca nessuno ha avuto più il coraggio e la forza di candidarsi alle elezioni comunali, eccezion fatta per una lista che non raggiunse il quorum nel 2015. Il comune resta commissariato e i cittadini non hanno la possibilità di esprimere il proprio volere democratico. I probabili motivi di questa situazione sono da ricercare sia nella sfiducia dei cittadini che hanno visto miseramente fallire e colludere anche amministrazioni che partivano dal presupposto dell’antimafia, sia nella paura che accomuna i sanluchesi che temono di finire nell’occhio del ciclone delle inchieste giudiziarie, nel caso in cui dovessero provare a candidarsi per la guida della città.
Sicuramente la situazione del comune calabrese è unica nel suo genere, ma purtroppo in Italia ci sono decine di casi simili: basti pensare che, solo nel 2017, sono stati 21 i municipi commissariati per mafia e il dato sembra tutt’altro che in ribasso visto che, nei primi 5 mesi del 2018, altri 16 comuni sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose. Un problema assolutamente attuale che coinvolge, salvo eccezioni, sempre i comuni del sud Italia. Dove la mafia uccide anche la democrazia.
Vincenzo Verde -ilmegafono.org
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