In attesa che il nuovo governo regionale siciliano si insedi e che definisca e comunichi la direzione della sua politica in materia di ambiente, sviluppo e territorio, molte parti della Sicilia si trovano a fare i conti con le conseguenze delle scelte compiute dalle precedenti amministrazioni. Il governo Crocetta ha infatto lasciato in eredità una svendita del territorio che conosce pochi precedenti. L’industrialismo dell’ex governatore è un colpo di mannaia su qualsiasi tentativo diffuso di far svoltare la Sicilia da un modello di sviluppo basato sul saccheggio del territorio a un modello sostenibile, che punti deciso sulle rinnovabili e con una produzione compatibile con la vocazione dell’isola, che è agricola, culturale, turistica.
La Sicilia è sotto assedio, inquinata dai progetti ottusi di chi pensa che, dopo mezzo secolo di inquinamento, di fumi, veleni, contaminazioni, ci sia ancora spazio per depredare e distruggere. Così, oltre a consentire la vendita di siti naturali nelle aree costiere e a non garantire la tutela definitiva di altre zone da tempo oggetto di interessi speculativi, si è aperta la porta all’industria pesante, ai petrolieri, a scempi ambientali che si aggiungono ad altri scempi autorizzati da Palermo, come la discarica di rifiuti speciali prevista a meno di due km dalla Riserva naturale di Vallone Piano Corte, nei pressi di Agira, in provincia di Enna.
Una vicenda che in questi giorni sta creando molto clamore, con la cittadinanza decisa ad opporsi con ogni mezzo e il Comune pronto ad agire legalmente, mentre la Procura di Enna ha già aperto un’inchiesta. La questione nasce con quelle solite dinamiche che purtroppo conosciamo bene e che sono il risultato di una maniera di procedere piuttosto discutibile. A partire dalla scelta di autorizzare, in una zona di così alto pregio ambientale (la riserva è una delle poche zone umide rimaste in Sicilia) un tipo di impianto così “pesante” dal punto di vista dell’impatto ambientale e dei potenziali rischi per la salute.
Andiamo con ordine. Tutto parte nel 2016, quando una società, l’Agireco, con capitale sociale di 10mila euro, presenta alla Regione un progetto per la realizzazione della discarica di rifiuti speciali in contrada Serra Campana-Cote. La Regione invia il progetto al Comune e al Libero Consorzio di Enna, ossia l’ex Provincia regionale. Il punto oscuro sta proprio qui, nei passaggi relativi ai pareri, con un corto circuito seguito alla richiesta, da parte dell’ufficio tecnico del comune di Agira, di chiarimenti sull’impresa e di uno studio di incidenza, vista l’importanza ambientale del sito.
E qui nascono i dubbi: da un lato, abbiamo la querelle tra il sindaco di Agira e l’allora responsabile dell’ufficio tecnico, con la prima che afferma di non essere stata informata del progetto dell’Agireco e il secondo che invece assicura di averlo fatto; dall’altro, l’assessorato che non ha ritenuto necessario lo studio di incidenza e l’ex provincia di Enna che ha lasciato passare i 60 giorni previsti prima che il silenzio venga considerato assenso (una delle norme che ha partorito i peggiori obbrobri affaristico-politici in Sicilia). Così, dopo che l’azienda ha espletato tutte le formalità e il progetto è stato sottoposto alla valutazione di impatto ambientale da parte dell’apposita Commissione, a fine ottobre, vale a dire una settimana prima delle elezioni regionali e a mandato praticamente finito, l’assessore al Territorio e Ambiente, Croce, ha firmato il decreto autorizzativo.
Un procedimento sul quale, come detto, la Procura ennese ha deciso di vederci più chiaro per verificare eventuali irregolarità. Intanto, però, la vicenda è esplosa pubblicamente, con i cittadini e il Comune di Agira imbestialiti e con l’impresa che prova a rassicurarli sulla sicurezza della discarica. Una rassicurazione che però serve a poco, perché, al di là della buona fede dell’impresa, in questa terra di scempi e furbizie fidarsi non è cosa semplice, soprattutto quando di mezzo ci sono la salute e il futuro di un territorio e dei suoi abitanti.
Il rappresentante legale dell’Agireco, Mario Saitta, ha rilasciato un’intervista (leggi qui) nella quale ha affermato che sarà sotterrato, in totale sicurezza, solo amianto (circa 50mila metri cubi di eternit in una vasca) e non altri rifiuti speciali. Tuttavia, come spiegato da un tecnico, l’ing. Angelo Parisi, in un’altra intervista sul portale Vivienna.it (leggi qui) nella richiesta di autorizzazione si parla in generale di rifiuti derivanti da demolizioni edili e terreni che contengono altre sostanze tossiche perfino più pericolose dell’amianto.
Inoltre, i dubbi sono legati anche alla dimensione ridotta (sia sul piano finanziario che sul numero di dipendenti) dell’impresa che dovrebbe gestire una quantità di rifiuti e un giro di affari di dimensioni molto consistenti. Il fatto stesso che nel progetto si parli della possibilità di ricorrere a operatori esterni confermerebbe queste perplessità.
Al di là di tutto questo, resta poi il punto più importante: è impensabile e assurdo installare una discarica di rifiuti speciali, anche solo di amianto, in una zona di tale valore ambientale e nel cuore di una realtà agricola, che un qualsiasi incidente o imprevisto comprometterebbe per sempre, insieme alla salute dei cittadini. Una scelta del genere, inoltre, non può essere compiuta senza coinvolgere attivamente il territorio e senza tutti gli studi necessari a dimostrare l’assoluta infallibilità di un’opera.
Soprattutto è irresponsabile firmare un decreto di questo genere quando il mandato è ormai finito, a una settimana o poco più dal voto e in piena campagna elettorale. In attesa che, al più presto, si pronunci la Regione, il Comune si prepara a ricorrere al TAR, mentre diversi esponenti politici, Claudio Fava in testa, hanno già annunciato mozioni per la sospensione dell’autorizzazione di questo impianto, che lo stesso Fava ha amaramente definito “l’ultimo regalo di Crocetta” alla Sicilia.
Massimiliano Perna -ilmegafono.org
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