La settimana scorsa, in Commissione Europea, è stata votata, a maggioranza, la riforma degli accordi di Dublino, che da tempo regolano la gestione dei richiedenti asilo in Europa. Una riforma necessaria, perché tocca alcune norme molto importanti ai fini di una accoglienza equa e solidale, norme da tempo oggetto di un dibattito acceso che ha visto gli Stati membri dividersi e scontrarsi. In particolare, ci si riferisce all’obbligo di presentazione della domanda di asilo solo nel paese di approdo e al ricollocamento dei richiedenti asilo tra i vari paesi dell’Unione.
La modifica è decisiva perché, qualora la riforma venisse approvata definitivamente (dovrà passare all’esame del Consiglio europeo e poi essere recepita dai governi nazionali), cambierebbe l’intera gestione del fenomeno migratorio in Europa. Ricordiamo che, fino ad ora, obbligare il migrante a fare richiesta d’asilo nella nazione di arrivo ha creato enormi problemi, poiché costringe i profughi a rimanere prigionieri in luoghi che dovrebbero essere solo una tappa di passaggio prima di raggiungere le destinazioni agognate, quelle cioè in cui hanno dei legami parentali o con le quali esiste comunque un rapporto diretto (ad esempio averci vissuto, lavorato o studiato in passato).
Questo blocco, con la mancata ricollocazione dei migranti nei vari stati membri, ha creato condizioni di sovraffollamento, negazioni di diritti riconosciuti, oltre a foraggiare quella parte di trafficanti di esseri umani che opera anche dentro i confini europei. Basti pensare, a titolo di esempio, che meno della metà dei migranti giunti in Italia in questi ultimi anni ha poi presentato domanda nel nostro Paese. Il resto ha cercato di uscire dai confini italiani per raggiungere le nazioni più a nord: Svizzera, Germania, Francia, Svezia, Regno Unito. E in questo tentativo, ci sono stati altri trafficanti di uomini che hanno facilitato, dietro compenso, l’uscita dal nostro Paese.
Il testo appena votato in Commissione, con 43 voti a favore e 16 contro, fa finalmente cadere questo obbligo, lasciando al migrante la possibilità di richiedere asilo al Paese con cui ha legami reali. Nel caso in cui questi legami non vi fossero, allora il richiedente asilo sarebbe assegnato a uno degli stati europei in base a un sistema di equa ripartizione. Il principio base è che tutti devono fare la propria parte e accogliere chi arriva qui fuggendo da guerre e persecuzioni. Questo punto è uno dei più delicati perché si scontra con l’opposizione di numerosi paesi, soprattutto dell’Est Europa.
La riforma, dunque, per entrare in vigore dovrà riuscire a superare l’egoismo dei paesi europei e dei singoli governi nazionali, per ristabilire, in questo continente sempre più chiuso, cinico e sporcato da pericolose ideologie di ritorno, un sistema civile basato su una accoglienza solidale e una cooperazione virtuosa. Non sarà facile, ma sicuramente la presa di posizione del parlamento europeo è un segnale importante (come è stato detto nel corso della puntata di “Megafono Point” qualche giorno fa), un primo passo in avanti.
Ed è un risultato che ci concede una speranza: cioè che l’Europa nel suo insieme abbandoni gli egoismi nazionali e dia seguito a quanto stabilito dalla riforma, eliminando uno degli ostacoli maggiori a una corretta e virtuosa accoglienza e mettendo da parte quella paura irrazionale e quell’individualismo in nome dei quali si stanno compiendo scelte crudeli e inaccettabili, centrate su accordi con paesi che non rispettano i diritti umani.
L’immigrazione non è responsabile dei nostri problemi. E i governi nazionali dovrebbero capirlo, eliminando questo tema dall’agenda elettorale. Speriamo quindi che la riforma non venga fermata e che vengano corretti finalmente quei criteri che hanno mostrato, in questi anni, tutta la loro iniquità e disumanità nell’accoglienza dei richiedenti asilo. Il clima politico non è dei migliori e non suggerisce ottimismo, ma era così anche quando si pensava che questa riforma non sarebbe mai passata all’esame della Commissione.
Redazione -ilmegafono.org
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