Si dice che lo shopping compulsivo possa essere un’ottima terapia per placare i nervi e volersi un po’ bene, ma da uno degli ultimi report di Greenpeace emerge una verità sconcertante: troppo shopping è dannoso per l’ambiente. L’industria tessile, infatti, è uno dei settori produttivi più inquinanti, basti pensare alla larghissima diffusione dei tessuti sintetici ricavati dal petrolio, difficili da smaltire e decisamente non biodegradabili. La produzione di materiali tessili, inoltre, richiede sostanze chimiche nocive, tanto che dal 2011 Greenpeace, con la campagna Detox, ne chiede l’abolizione.

Il problema legato all’inquinamento tessile si collega direttamente all’acquisto compulsivo di capi d’abbigliamento che poi si rivelano inutili: succede spesso di acquistare vestiti per poi lasciarli abbandonati in guardaroba con il cartellino del prezzo ancora ben visibile. Secondo il sondaggio condotto da Greenpeace e SWG su un campione di 1000 persone d’età compresa tra i 18 e i 45 anni, un italiano su due dichiara di avere più abiti di quanti ne abbia realmente bisogno. Lo shopping compulsivo servirebbe ad aumentare l’autostima, regalando una sensazione di gioia ed euforia che tuttavia sfuma pochi giorni dopo l’acquisto.

La fascia di popolazione più propensa a questo fenomeno è quella delle donne tra i 30 e i 39 anni con uno stipendio superiore ai 2000 euro mensili, prevalentemente situate nel Nord Ovest e nel Sud. Il dato di genere è indicativo per comprendere le cause che portano ad acquisto eccessivo: lo stress al quale sono sottoposte le donne nella società contemporanea provoca un forte desiderio di appagamento che lo shopping è capace di soddisfare. È più o meno lo stesso impulso che spinge ad assumere alcolici e sostanze stupefacenti, la voglia, cioè, di affermare se stessi ed avere una maggiore autopercezione.

La tendenza è fortemente incoraggiata dai social media, che svolgono un ruolo orientativo molto importante, soprattutto per lo shopping online. Il paese che in Europa non mostra propensione allo shopping compulsivo online è la Germania, mentre i paesi asiatici, in particolare Taiwan e Hong Kong, sono i leader indiscussi del fenomeno.

“Il sondaggio mostra che un quinto degli italiani è dipendente dallo shopping, si tratta dei cosiddetti shopping-addicted”, dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia.“Se queste abitudini non cambiano – continua – nei prossimi anni il nostro pianeta sarà invaso da montagne di rifiuti tessili. È necessario invertire la rotta: prima di effettuare il nostro prossimo acquisto abbiamo il dovere di chiederci se ne abbiamo realmente bisogno”.

Laura Olivazzi -ilmegafono.org