Sono passate solo poche settimane da quando la procura del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha emesso un decreto di sequestro per ventidue pozzi di acqua inquinata. In realtà, però, è da anni che essa viene usata per usi domestici, per abbeverare gli animali e irrigare piccoli appezzamenti di terra. La causa della confisca è dovuta alla presenza di tetracloroetilene, una sostanza cancerogena tipica degli scarichi industriali. Si tratta dei pozzi situati nella zona di Marcianise, nello specifico nell’area circostante uno stabilimento che è stato la sede della produzione della Siemens prima, della Nokia poi e, infine, della Jabil che, però, attualmente si è trasferita in una struttura della zona industriale.

Il primo allarme arrivò proprio dalla Nokia circa tredici anni fa, quando acquisì lo stabilimento e successivamente ordinò un progetto allo “Studio Geotecnico italiano” per “la bonifica delle acque sotterranee dello stabilimento Siemens di Marcianise”, che prevedeva uno sbarramento, il quale non venne mai completato. I lavori per il risanamento della zona, però, sono continuati e l’Arpac, dalla fine del 2014 all’inizio del 2015, ha effettuato analisi sulla falda, rilevando valori di inquinamento elevatissimi. Il livello di tetracloroetilene trovato nelle acque della falda è di 200 microgrammi, livelli estremamente alti se si pensa che per legge sono consentiti dieci microgrammi per la rete di distribuzione e appena un microgrammo per le acque sotterranee.

Tale sostanza è usata spesso nelle lavanderie a secco, nell’industria per lo sgrassaggio dei metalli e nell’industria chimica e farmaceutica. Nonostante i suoi molteplici impieghi, sono stati accertati effetti tossici per l’uomo, derivanti sia dall’inalazione di concentrazioni elevate sia dall’ingestione, diventando pericolosa per il sistema nervoso centrale, il sistema immunitario, fegato, reni e organi riproduttivi.

L’indagine, portata avanti dai carabinieri, non ha individuato alcuna responsabilità da parte delle società che in passato operavano nella zona e non sarà facile scoprire chi abbia davvero avvelenato l’acqua, sia perché questo elemento è utilizzato in molti prodotti, sia perché l’inquinamento potrebbe essere cominciato ancor prima della segnalazione dell’azienda finlandese. Ultime notizie, però, rivelano che si potrebbe anche trattare di un reato di ecomafia.

“Abbiamo rilevato frequentemente, ahimè, l’avvelenamento o comunque la grave contaminazione dei pozzi. Abbiamo fatto eseguire l’esame di tutti i pozzi, a monte e a valle (delle discariche utilizzate dai clan e indicate da un collaboratore di giustizia, nelle quali sono stati trovati metalli pesanti inquinanti fino alla profondità di 5-6 metri), perché, se è la discarica che inquina, i pozzi a valle saranno sicuramente inquinati. Abbiamo fatto fare l’esame anche delle acque dei pozzi a monte, per il confronto. Ebbene, abbiamo trovato, sia a valle che a monte, i pozzi avvelenati”, ha dichiarato Raffaella Capasso, procuratore della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere.

Alla commissione parlamentare è stato consegnato un dossier riguardante la situazione delle falde, ma parte di questo materiale è stato “secretato”, poiché trattasi di documenti di indagini ancora in corso. Si continuerà a scavare nella faccenda per fare luce sulle reali cause dell’inquinamento.

Veronica Nicotra -ilmegafono.org