In questi giorni Palermo celebra Letizia Battaglia. “Anthologia”, che in greco vuol dire raccolta di fiori, è il titolo di questa mostra fortemente voluta dal sindaco del capoluogo siciliano, Leoluca Orlando, e promossa dall’assessorato alla Cultura in collaborazione con la Fondazione Sambuca e con l’Accademia di Belle Arti di Palermo. Letizia Battaglia è, come molti di voi sanno già, una delle prime donne foto-giornaliste in Italia. Lei ha ritratto luoghi, vita e anche morte. I morti ammazzati nel periodo più nero della recente storia siciliana sono stati cristallizzati nel tempo dagli scatti della Battaglia.
Lei conosce i luoghi e i personaggi della città e questo è un vantaggio che le ha permesso un approccio più intimo coi suoi soggetti, spesso bambini di strada dai volti vuoti, muti testimoni della quotidiana violenza tutt’oggi perpetrata nelle strade di Palermo. Come spiega il curatore della mostra, Paolo Falcone, questa è “una mostra antologica che mette in luce i diversi aspetti del lavoro di Letizia Battaglia; concepita come un unicum polifonico dove amore e dolore, sangue e compassione, tragedia e sogno si mescolano in un percorso dal forte impatto emotivo, riflettendo il suo coraggio e la sua grandezza”.
Finalmente, dopo aver ricevuto diversi premi internazionali, il primo nel 1985 (premio W. E. Smith per il foto-giornalismo), ed essere stata il soggetto di due documentari, la città di Palermo le dedica, per i suoi 80 anni, una mostra personale in cui troverete circa 140 fotografie di grande formato in bianco e nero, video-interviste e materiale inedito. Non è facile che una città come Palermo accetti di mettersi così a nudo e raccontare un periodo tanto complesso, come quello vissuto da Letizia Battaglia. Lo spaccato sociale che emerge da questi scatti è anche il ritratto di una città, di una società bella e brutta allo stesso tempo, della Sicilia.
La capacità della Battaglia di estraniarsi, propria ad ogni buon fotoreporter in zona di guerra, l’ha in un certo senso portata ad allontanarsi dalla propria sicilianità, a essere “straniera” nella propria terra. Avere il coraggio di essere una donna e puntare uno strumento meccanico in faccia a uomini le cui donne non potevano neanche uscire di casa, nella Sicilia di 50 anni fa, farebbe tremare chiunque, ma trovare in tanta violenza il fascino dell’arte e della verità e riuscire nonostante tutto ad andare avanti e non impazzire merita più che una mostra : merita un monumento.
Il sangue non si vede in bianco e nero e l’anima di un artista lo assorbe ogni giorno di più. Palermo lo sa, lo sanno i suoi cittadini quasi anestetizzati dalla staticità in cui sguazzano ogni giorno, lo sa tutta la Sicilia che da anni combatte con lo spettro della mafia. Per quanto piccolo, comunque, questo è il gesto più bello e meritato che personalmente ho visto fare dalla città di Palermo nei confronti di una sua cittadina da quando sono in questo mondo. La mostra si trova ai cantieri culturali della Zisa (Zac) ed è ad ingresso gratuito. Rimarrà aperta fino al 9 maggio 2016, dal martedì alla domenica, dalle ore 9.30 alle ore 18.30.
Angelo De Grande –ilmegafono.org
Commenti recenti