Mentre l’Italia delle tastiere e del chiacchiericcio compulsivo passava i giorni a disquisire di una bella diciottenne, ingenua e parecchio ignorante, dividendosi in fazioni e trasformando in dibattito nazionale ciò che meritava al massimo un commento ironico sul proprio profilo social, la Procura di Torino metteva l’ennesimo mattone sul muro di un discutibile processo alla libertà di pensiero. Per lo scrittore e intellettuale Erri De Luca, i pm torinesi hanno chiesto ben 8 mesi di carcere per istigazione a delinquere. De Luca, dunque, sarebbe colpevole di aver istigato gli attivisti No Tav a compiere atti terroristici in Val di Susa, ai danni dei cantieri dell’Alta Velocità Torino-Lione. In che modo? Semplicemente affermando, nel corso di due interviste, che la Tav andava “sabotata”.

Le parole e le opinioni, dunque, vengono trasformate in esplosivi, molotov, armi, o meglio vengono considerate delle armerie dentro le quali approvvigionarsi prima di andare in guerra, prima di andare a compiere il delitto. A Torino, da un paio di anni, si sta portando avanti un processo assurdo non contro un uomo o un reato ma contro un principio di libertà costituzionalmente garantito, più esattamente contro chi non si allinea alla maggioranza trasversale che ha imposto delle scelte palesemente sbagliate, senza curarsi minimamente di ascoltare chi tali scelte le avrebbe dovute subire. Sabotare: tutto si gioca su questo verbo dalla duplice accezione.

Il pm Rinaudo cita solo il primo significato riportato dalla Treccani: “Compiere atti di sabotaggio; distruggere o deteriorare gravemente edifici e impianti, opere e servizî militari, intralciare gli spostamenti e i rifornimenti di truppe nemiche, impedire o limitare il funzionamento di servizî pubblici, come azione di lotta o di rappresaglia economica, politica o militare”. Rappresaglia, nemici, distruggere. Per il pubblico ministero c’è solo una connotazione violenta che conduce ad azioni ugualmente violente da compiere contro un nemico, in una situazione di guerra. Quindi, sulla base di ciò, Erri De Luca sarebbe una sorta di generale che incita i “suoi” soldati a devastare con ogni mezzo le opere nemiche, a fermare con ogni metodo mezzi e uomini delle truppe avverse. Tutto tratto da una semplice frase pronunciata su un giornale e in una trasmissione tv.

Una visione alquanto creativa e fantasiosa quella del pm, il quale però omette (come mai?) il secondo significato fornito dalla Treccani: “Intralciare la realizzazione di qualche cosa, o fare in modo che un disegno, un progetto altrui non abbia successo”. Qui si fa riferimento a una iniziativa, un negoziato, e via dicendo, nulla che abbia a che fare con la guerra, con il terrorismo, con la violenza. Insomma un’accezione più nobile, più legata al dissenso verso qualcosa che si ritiene ingiusta o perfino illegale. Esattamente ciò che lo scrittore napoletano intendeva, come ripete dall’inizio di questo processo incredibile. Eppure i magistrati, chiamati in causa dalla denuncia della LTF, azienda titolare dei lavori sulla Tav, continuano a sostenere e portare avanti una forzatura che non ha alcuna ragione di esistere.

Perché se l’avesse, allora dovrebbero spiegarci, con il diritto e non con le suggestioni o le elucubrazioni fantasiose, perché Erri De Luca è a processo, mentre l’80% dei rappresentanti politici di questo Paese non si trova a giudizio per il reato di istigazione legato alle tante gravissime affermazioni rilasciate in comizi, interviste, dibattiti televisivi. Dovrebbero spiegarci perché l’odio che Salvini, la Meloni, i leghisti e i nazi-fascisti vari sparsi nei comuni e negli enti di questo Paese pompano contro gli immigrati, con conseguenze concrete sulla vita e sull’incolumità di centinaia di persone, non costituisce un reato manifesto e non determina l’apertura di un procedimento d’ufficio.

La Procura di Torino dovrebbe spiegarci se davvero questo processo è leale e basato sulla convinzione sincera dell’esistenza di un reato oppure se non è, come appare, un tentativo di limitare la libertà del pensiero (operazione sacrosanta secondo le farneticanti parole del legale della LTF) e di scoraggiare chiunque sia contrario alla realizzazione di opere nate dall’accordo tra più poteri arroganti e avidi contro il parere e il volere dei cittadini. Quello che appare, sinceramente, è che in realtà siamo davanti a un processo barbaro, politico, finalizzato a far capire a chiunque non accetti la Tav in Val di Susa o qualsiasi altra cosa (dal Muos alle trivelle dello Sblocca Italia, agli inceneritori illegali, ecc.) che non ci può né deve essere spazio per il dissenso, nemmeno se espresso soltanto a parole.

Se Erri De Luca venisse giudicato colpevole, allora dovremmo essere messi in carcere tutti quanti noi. Non solo gli attivisti, non solo chi taglia con le cesoie le reti di cantieri illegali e si oppone a decisioni che in tutta Italia vengono prese e autorizzate passando sopra a vincoli e a studi obbligatori, ma anche tutti coloro che la pensano come De Luca e che, in nome dell’articolo 21 della nostra Costituzione, lo dicono o lo scrivono. La Tav va sabotata. E, aggiungo, con’essa anche il Muos e gli impianti di trivellazione che eventualmente nasceranno in tutta Italia grazie all’ottusità di questo governo. Che lo dica De Luca, o un cantante o il Papa o che lo dica e scriva ciascuno di noi, non importa. Se Erri De Luca va in galera per aver espresso un’opinione che viene indebitamente considerata terroristica e violenta, allora arrestate anche noi. Arrestateci tutti. Perché in un Paese pieno di leccaculo e corrotti, chiunque sia libero e indipendente è potenzialmente pericoloso. #IoStoConErri.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org