A volte ritornano, anche se in realtà non se ne sono mai andati. L’Italia continua a fare i conti con le provocazioni che oltraggiano la memoria di una democrazia nata dalla Resistenza antifascista, dal sacrificio di donne e uomini che hanno combattuto il regime mussoliniano e respinto l’invasore nazista e i suoi fiancheggiatori interni. Una storia eroica e dolorosa, culminata con la Liberazione, il 25 aprile 1945. Tra pochi mesi si celebrerà il settantesimo anniversario in un clima molto difficile, segnato dalla recrudescenza di fenomeni di intolleranza dal forte accento fascista. Le manifestazioni, le commemorazioni di sanguinari ufficiali delle truppe di Hitler, gli episodi di violenza, gli assalti vandalici delle sedi di partiti e associazioni, a colpi di svastiche e croci celtiche, suonano la sveglia nei confronti di chi, a livello politico e istituzionale, ha spesso sottovalutato il problema.
Questa sera, a Milano, città Medaglia d’oro della Resistenza, si terrà nuovamente l’Hammerfest, il raduno internazionale neonazista durante il quale si esibiranno band nazirock provenienti da tutta Europa, con le loro canzoni inneggianti al nazismo, al fascismo, a Hitler, a Priebke, alle SS, al razzismo e alla violenza contro neri, rom ed ebrei. Ungheresi, tedeschi, austriaci, italiani e così via, tutti insieme in un luogo che rimane segreto fino a poche ore prima dell’evento. Il tutto in un’Italia che ha ben due leggi che vietano questo genere di raduni. L’apologia di fascismo è infatti vietata dalla cosiddetta legge Scelba (645/52), la cui applicazione ha però avuto un percorso travagliato, e dalla legge Mancino (205/1993), che invece è pienamente applicabile e che, non a caso, Lega Nord e Forza Nuova da tempo vorrebbero abrogare.
La legge Mancino, all’articolo 1 dispone che è punito “chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; chi, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Essa vieta “ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell’assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni”.
E ancora, all’articolo 2, punisce “chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi”, mentre all’articolo 4 sanziona “chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche”. Una legge, dunque, che parla chiaro e che fa parte dell’ordinamento italiano. Eppure ciò non è sufficiente, ancora una volta, a convincere questura e prefettura a non concedere l’autorizzazione per la manifestazione in programma a Milano. Le polemiche dell’anno scorso non sono servite.
Milano, emblema della Resistenza, è costretta nuovamente a diventare capitale dei neonazisti. Il sindaco Pisapia, come l’anno scorso, ha protestato duramente: “Ancora una volta si annuncia a Milano o nel territorio della città metropolitana, un raduno neonazista europeo vilmente mascherato da raduno rock. È inaccettabile, oltre che vietata dalla legge, qualsiasi iniziativa di promozione e propaganda di razzismo, omofobia, violenza e apologia del fascismo che abbondano nei testi delle canzoni e nelle affermazioni di chi intende organizzare un simile raduno. Stiamo facendo le dovute verifiche e già abbiamo già posto la questione a tutti i livelli, anche istituzionali, che si aggiungono agli appelli dell’ANPI, dei partiti e di altre associazioni per impedire un ulteriore sfregio ai valori della Costituzione e ai principi base di ogni democrazia”.
Gli appelli, a quanto pare, sono caduti nel vuoto. L’ANPI, oggi, alle 14, si ritroverà in via Mercanti, davanti alla Loggia, luogo emblematico della Resistenza milanese, per la giornata nazionale del tesseramento che “assumerà quindi il carattere di una ferma, unitaria e pacifica risposta a questa ennesima provocazione neofascista e per riaffermare il carattere antifascista della nostra Carta Costituzionale”. Interverrà anche il presidente nazionale, Carlo Smuraglia. Alla mobilitazione hanno aderito sindacati, associazioni e partiti di centro-sinistra e di sinistra, tutti uniti nel respingere con forza quello che viene vissuto, giustamente, come un insulto alla città e alla sua storia.
Sarà importante esserci, ma sarebbe ancora più importante, in questo Paese, iniziare ad applicare le leggi esistenti. Perché è assurdo che i prefetti siano celeri e zelanti quando si tratta di dar seguito ad una circolare illegittima del ministro Alfano contro le unioni civili, mentre poi siano così restii a far applicare quella che è una legge dello Stato, approvata e vigente. A meno che il prefetto, e con lui il questore di Milano, non ritengano che l’apologia di fascismo e di nazismo che queste band affidano ai loro testi siano solo battute o che le svastiche e i simboli che trionfano in tali raduni siano solo carnevalate. In quel caso, però, lo dicano apertamente, cosicché si possa chiedere al governo la loro rimozione dagli uffici che rappresentano per nome e per conto della Repubblica. Che fino a prova contraria è ancora democratica e antifascista.
Massimiliano Perna –ilmegafono.org
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